un articolo di Massimo
Pietroselli
Tu inventi e loro
credono. Non bisogna suscitare più immaginario di quanto ce ne
sia.
Umberto
Eco, Il pendolo di Foucault
Pensieri
viventi
Quella che segue
non è SF (Finzione Speculativa): è realtà. Anche se di un altro
tipo.
Esiste un mondo che non vediamo e
che nessun strumento può rivelare, ma con il quale siamo costantemente in
contatto, non attraverso i nostri sensi ma attraverso la nostra mente:
chiamiamolo Ideosfera. E' il mondo dei pensieri…non di tutti i pensieri, badate,
non dei pensieri oziosi o velleitari o comunque fuggevoli. Ma dei pensieri
viventi, per così dire, in grado cioè di replicarsi e di accrescersi, in
virtù di caratteristiche particolari, passando di mente in mente e modificando
persino il comportamento dell'ospite e, a volte, dell'intero genere umano (il
cattolicesimo, il marxismo…). Questi pensieri viventi sono detti memi; lo
studio del loro comportamento, memetica. Slogan, frasi fatte, canzoncine,
mode…ma anche sistemi filosofici, invenzioni, leggende: tutti memi. Alcuni di
questi sono parassiti, il cui unico scopo è replicarsi senza alcun
vantaggio per l'ospite (anzi!), altri invece lo arricchiscono e lo completano.
Alcuni migliorano la nostra vita, altri la peggiorano. Tutti, comunque, cercano
di sopravvivere, e lottano per questo nell'Ideosfera, il corrispettivo mentale
della più familiare biosfera (per chi volesse saperne di più sulla memetica,
consigliamo Il gene egoista, di Richard Dawking).
Come? L'Ideosfera non
esiste?
Ah! Credetelo pure, se volete: ma
quante volte un suo abitatore, attraversando i violati cunicoli che connettono i
due universi, si è improvvisamente risvegliato nel vostro cervello, e vi siete
trovati a fischiettare "Don't worry, be happy!" o a chiedere stupidamente: "Di
che segno sei?", sorprendendovi un attimo dopo? Siete infetti, altro che storie!
L'Ideosfera, una volta di più, si è manifestata nel nostro universo materiale,
lo ha influenzato: che vi piaccia o no.
Non sappiamo come sia il mondo
dell'Ideosfera: non esistono ancora strumenti in grado di mostrarci questo
universo. Dunque, in attesa che un novello Galileo ci riveli la sua topografia
scrutando in un inimmaginabile cannocchiale, raffiguriamoci l'Ideosfera come un
immenso oceano, imperscrutabile e alieno come quello di Solaris (e il
paragone ha almeno un elemento di efficacia: anche il pianeta vivente immaginato
da Stanislaw Lem, infatti, costruiva ectoplasmi per gli esseri umani, che essi
finivano per credere reali!).
In questo tormentato mare
magnum, si sviluppano d'improvviso, in base alle turbolenze prodotte dalla
nostra creatività, squallidi parassiti e algide equazioni matematiche,
cattedrali filosofiche e vortici di sinfonie, ghirigori retorici e bolle di
barzellette che esplodono allegre sulla superficie dell'acqua. Torniamo a
Solaris, per immaginare lo sviluppo di un complesso memetico: "un giorno,
nelle profondità dell'oceano, una macchia circolare comincia a scurirsi, come se
si ricoprisse di catrame. Dopo alcune ore si divide in strati e
contemporaneamente sale verso la superficie…da tutte le direzioni giungono come
delle labbra chiuse, vive e muscolose, simili a crateri od onde circolari, che
si uniscono, s'innalzano e ricadono…"
In questo oceano magmatico, interi
universi di memi navigano imperiosi tra milioni di pensieri che affondano man
mano che la gente li dimentica e non possono più riprodursi: i fondali
dell'Ideosfera sono pieni di questi memi morti, stratificati da secoli d'oblio.
Laggiù giacciono le canzoni di Sanremo dei decenni passati (almeno, la maggior
parte), le cosmogonie assire e greche, le poesie maya e azteche e incas, le
barzellette degli abitanti dell'Isola di Pasqua e il contenuto dei centinaia di
libri perduti della Biblioteca di Alessandria…
Ma torniamo sulla superficie di quel
mare, e soffermiamoci su una particolare categoria di quegli scorridori
dell'Ideosfera. Il loro propellente è fornito da legioni di inoffensivi devoti
che quotidianamente pensano, studiano, meditano su di loro, e così facendo ne
aumentano il potere, facendoli diventare via via più reali. Sono navi immense, e
i nomi che potete leggere sulle fiancate sono: Doc Savage, Sherlock Holmes,
Dune, Star Trek, Nero Wolfe, Il Signore degli Anelli, Fu Manchu, Tarzan, Il
Regno di Oz…e mille altri.
Chi sono gli adepti di questi memi?
Chi li fa vivere e prosperare, nel crudele mondo dell'Ideosfera, a tanti anni
dalla loro nascita? Chi gli impedisce di colare a picco?
Parleremo abbondantemente di questi
ingenui frequentatori dell'Ideosfera, colpevoli solo della convinzione che nel
nostro povero mondo esistano sì personaggi più simpatici del nostro vicino di
casa, ma che bisogna cercarli nelle pagine di un libro: tuttavia, per dare
un'idea dell'influenza negativa che questo mondo parallelo può esercitare sul
nostro, accenneremo prima di tutto a un celebre caso di creazione (da parte di
persone nient'affatto ingenue!) di un'entità nell'Ideosfera, che rapidamente è
diventata reale anche nella Biosfera.
Il meme dei
Rosa-Croce
Uno degli esempi più noti di meme
parassita è quello relativo alla setta dei Rosa-Croce. E' un meme così potente,
così furbo nella sua strategia di sopravvivenza nell'Ideosfera, da essere
riuscito, dal 1600 a oggi, a far credere a milioni di persone di non essere
affatto un meme, una pura fantasia, una leggenda urbana ante-litteram,
insomma, ma una realtà, un movimento occulto formato da persone in carne e
ossa.
Per questo, il meme dei Rosa-Croce è
così vicino a quello dei personaggi di finzione che esamineremo tra breve: i
Rosa-Croce sono un parto della fantasia, che tuttavia riesce ad attrarre e
coinvolgere molte persone, a tal punto da far credere loro che non si tratti
affatto di fantasia, e da influenzarne il comportamento al fine di aumentare
l'aggancio che il meme è riuscito a crearsi con la Biosfera.
Come ha fatto il meme dei Rosa-Croce
a "farsi carne", per così dire?
Tra il 1614 e il 1616, comparvero in
Germania tre manifesti della Fratellanza dei Rosa-Croce (fino a quel momento
ignota al mondo). I primi due anonimi, il terzo a opera di tale Johann Valentin
Andreae.
Il primo manifesto, dal titolo
lunghissimo ma universalmente noto come Fama Fraternitatis, appare
anonimo a Cassel nel 1614. Riferisce i viaggi allegorici e il misterioso
sepolcro dell'Illustre Fondatore della Fratellanza della Rosa-Croce, Christian
Rosencreutz (evidente nome simbolico, e quindi multiplo, adatto a essere
decomposto e ricomposto in milioni di modi e di significati: una delle prime
caratteristiche del "meme di successo"), e descrive le regole della
Confraternita, tra le quali la più indicativa è la segretezza (il fatto che la
setta fosse segreta, spiega perché nessuno l'aveva mai sentita nominare: esempio
di meccanismo di "autosostentamento del meme". Si risponde cioè alla sensata
obiezione: "i Rosacroce non esistono perché nessuno li ha mai visti e sentiti
nominare", affermando: "ma proprio questa è la prova della loro esistenza!").
Infatti, la seconda regola dell’ordine recita: "adattarsi dovunque agli usi,
costumi e modo di vestire del paese in cui ci si trova". E, al punto sei: "la
Confraternita rimarrà clandestina per cento anni". La missione dei Rosa-Croce?
Annunciare e preparare l’umanità all’imminente fine del mondo (meme diffusissimo
in diversi movimenti religiosi).
La Fama suscitò negli
ambienti intellettuali risa, ingiurie e approvazioni entusiastiche. Comunque,
non passò inosservata: il meme aveva segnato il primo punto. Si rendeva ora
necessario un secondo manifesto, edito nel 1615 con il titolo Confessio
Fraternitatis, nel quale si precisa, tra l’altro, che negli ultimi,
imminenti giorni dell’umanità il Signore ha deciso di aumentare il numero dei
Fratelli destinati alla suprema conoscenza (altro meme ricorrente nelle
religioni: ad esempio, secondo i Testimoni di Geova, i consacrati destinati alla
vita eterna sono appena centoquarantamila, di cui solo
ottomilaottocentosessantanove ancora in vita!).
Il terzo manifesto, Il Matrimonio
Alchimistico di Christian Rosencreutz, è l’unico autografo: esce infatti nel
1616 a Strasburgo a opera di Johann Valentin Andreae. Il quale, nel corso degli
anni seguenti, verrà additato come uno dei principali dottori, se non il
Capitano, della fantomatica Confraternita. E’ un libretto talmente ermetico che
gli studiosi non sono ancora concordi se definirlo una satira del movimento
fantasma o non piuttosto l'organica conclusione dei due precedenti
manifesti.
Andreae manterrà sempre un
atteggiamento ambiguo in merito alla sua appartenenza ai Rosa- Croce, e le sue
velate allusioni, lungi dallo sciogliere i dubbi, li hanno aumentati. Ad ogni
modo, il gioco da lui o da altri elaborato, aveva prodotto in pochi anni una
ridda di documenti in cui si ridicolizzava o si esaltava l’Ordine, richiamandosi
l'un l'altro in una ragnatela di rimandi. Tutti ne parlavano, comunque. Alcuni
rivelarono di far parte dei Rosa-Croce, subito smentiti dal fatto che, se
davvero lo fossero stati, non avrebbero potuto ammetterlo. Altri che negarono di
far parte dei Rosa-Croce furono visti con sospetto, per lo stesso motivo. Un
dedalo di ipotesi affermazioni smentite invischiò la vita culturale di quegli
anni. E qui, bene si inseriscono le parole dello stesso Andreae: "quando un
personaggio che teneva celata la sua identità diede inizio tra i dotti a un
gioco così ingegnoso, e in un’epoca in cui ciascuno si attendeva delle novità,
cominciarono a prodursi una gran quantità di scritti a favore e contrari, e ho
assistito con grande divertimento a come continuamente nuovi combattenti
entrassero in lizza. Ma siccome la scena si riempiva di ogni sorta di dispute
sulle diverse opinioni, e la maggior parte delle volte le armi più efficaci
erano il sospetto, le supposizioni, le ingiurie e la diffamazione, io mi sono
ritirato per non espormi imprudetentemente al pericolo".
Ognuno può pensarla come vuole sul
conto di Andreae, ma è indubbio che questa è l’analisi del successo dei
Rosa-Croce fatta da un esperto memetista, da un mass-mediologo
ante-litteram. Come non sospettare che dietro il gioco dei
Rosa-Croce non ci fosse veramente lui?
A questo punto, la domanda: "i
Rosa-Croce esistevano o no?", perde di significato. Sicuramente, esistettero
dopo i Manifesti. Prima, non esiste alcuna evidenza storica. Se sono
esistiti, non è avvenuto su questo mondo.
Così scrive Umberto Eco, ne Il
pendolo di Foucault: "Noi abbiamo inventato un Piano inesistente ed Essi non
solo lo hanno preso per buono, ma si sono convinti di esserci dentro da
tempo...Ma se inventando un piano gli altri lo realizzano, il Piano è come se ci
fosse, anzi, ormai c’è".
Sostituite alla parola "piano" la
parola "Rosa-Croce", ed ecco spiegato in sintesi il meccanismo della epifania di
questo meme nel nostro mondo, e della sua ormai assodata incarnazione. Grazie a
Dio, questo meccanismo non consente solo di creare artatamente complotti o sette
o falsi scoop giornalistici, ma anche personaggi e universi con i quali
poter trascorrere in tranquilla conversazione qualche ora. E' in fondo quello
che faceva anche Machiavelli, quando, dopo una squallida giornata passata in
riposo forzato, trovava conforto nelle sue amate letture classiche. E così
scrive a Francesco Vettori (10 dicembre 1513) :"venuta la sera, mi ritorno a
casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste
cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e
rivestito condecentemente entro nelle antique corti delli antiqui huomini...e
non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non
temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in
loro".
Ovvero, il manifesto dei Mitografi.
E' il momento di fare la loro conoscenza.
Gli scorridori
dell'Ideosfera
E' noto che, per poter seguire un
racconto, bisogna anzitutto sospendere l'incredulità: vale a dire,
decidere di dimenticare che si sta seguendo una favola, una pura invenzione, per
potersi appassionare agli avvenimenti come se succedessero davvero, come se il
mondo fittizio immaginato dall'autore esistesse veramente, hic et
nunc.
Esistono inoltre dei casi in cui il
lettore, probabilmente a causa di un meme parassita annidato all'interno della
storia che sta seguendo (proprio come un virus in un floppy disk), rimane
invischiato negli accadimenti fittizi e non ne riesce a venir fuori: in questo
modo, il meme di quella storia comincia a prender piede nell'Ideosfera. Ma la
lotta per la sopravvivenza è terribile, in quel mondo (almeno quanto nel
nostro!). E forse quel meme non diventerebbe mai uno scorridore di quell'oceano
periglioso, se non fosse per alcuni di questi poveri ammalati: i mitografi
appunto, gli ingegnosi autori di FAN-FICTION.
Il mitografo è, anzitutto, un
amante dei libri. In senso quasi carnale: ne esamina le copertine, odora le
pagine, spigola ansioso tra pile di libri usati in spelonche polverose o nella
confusione di un mercatino domenicale, alla ricerca del tesoro
dimenticato, come un novello Poggio Bracciolini o un Angelo Mai…e come può
spiegare agli altri che questo tesoro non è altro che una storia di Petrosino o
di Buffalo Bill della gloriosa Casa Editrice Nerbini, un albo di Perry Rhodan
ingiallito, un'avventura di Doc Savage (in inglese, visto che in italiano sono
comparsi solo diciotto miseri episodi della saga), un'edizione anni Trenta di
Arsene Lupin, vecchi numeri di Urania (quelli con i disegni all'interno, per
intenderci)? Loro non capiscono: ed è meglio così. In tempi di greggi,
appartenere a una setta è confortante.
Il mitografo è, poi, un amante
delle saghe. Il romanzo unico non gli interessa, a meno che non sia
immenso, come il Signore degli Anelli. Egli brama i cicli, più sono
lunghi meglio è: e i titoli che costituiscono un ciclo completo, formano il
CANONE. Esistono innumerevoli canoni, e il mitografo si specializza in uno o più
di essi: e in questi canoni, ognuno costituito da decine di romanzi e racconti
dedicati a un personaggio o a un mondo di fantasia, il mitografo ci scava la
tana, vi si arricciola dentro come un verme, ne studia ogni aspetto, vive in
quel mondo.
Il mitografo, infine, è un
grafomane. Cioè, riempie quaderni e quaderni di cronologie, genealogie,
biografie, riferimenti, induzioni, deduzioni, mappe, storie apocrife…tutto allo
scopo di rendere ancora più reale il mondo del Canone amato, e di scambiare le
sue teorie con altri aficionados, che si raccolgono in circoli privati o
nei web ring di quella gigantesca coltura di memi che è Internet.
Intanto, così facendo, il meme cresce nell'Ideosfera.
E, a volte, diventa così potente da
creare una distorsione, un maelstrom nel mare dove naviga…e a entrare nel
nostro universo. Il caso dei Rosa-Croce ne è la dimostrazione.
Insomma, il mitografo è il sacerdote
degli Dei dell'Ideosfera, l’agiografo del suo personaggio preferito: lo evoca,
ed Egli a volte si manifesta. Quando succede, nessuno può più controllarlo,
nessuno può ricacciarlo nell'Ideosfera, se non il Tempo e la Dimenticanza, gli
unici avversari dei Memi.
Il lavoro del mitografo, come quello
del suo più illustre parente, il commentatore dantesco o shakesperiano, nasce
anzitutto da un’imprescindibile, e a volte opprimente, presenza, sulla
quale rispettosamente si innesta: il Canone, l’opera omnia scritta dal cosidetto
Autore Primo o Biografo. Il Canone detta lo sfondo, le caratteristiche dei
personaggi, persino lo stile (perchè il vero, umile e salmodiante mitografo è
colui che ambisce a scrivere un apocrifo indistinguibile da un originale,
un falso perfetto, ovvero ad avvicinarsi asintoticamente al
Canone).
Nell’ambito di questa gabbia di
costrizione, l’Autore Secondo ha, tuttavia, alcuni importanti margini di
manovra: e questi nascono dal fatto che, come dice Eco, "il romanzo è una
macchina pigra che chiede al lettore di fare una parte del suo lavoro". In altre
parole, in ogni Canone rimangono delle zone d’ombra, degli anfratti su cui
l’Autore Primo ha evitato o dimenticato di far luce. Sono questi buchi che
diventano la tana del mitografo, che si impegna a illuminarli a maggior gloria
del Canone, spesso con un lavorìo inventivo e con tour de force letterari
che forse, diversamente indirizzati, avrebbero potuto portare alla creazione di
un nuovo Canone, invece che alla sterile continuazione di uno consolidato. Ma il
mitografo si contenta di vivere ai margini della letteratura: e per di più, non
dimentichiamolo, è preda del Meme, che si serve di lui per continuare a vivere e
a prosperare nell’Ideosfera. A questo proposito, aggiungiamo che una delle
primarie strategie di sopravvivenza dei creatori di Memi letterari è proprio
quella di elaborare un Canone pieno di quelle tane di cui si è parlato sopra, di
quei furbi ammiccamenti, di quelle casuali allusioni tra i quali, prima o poi,
l’ingenuo mitografo resterà intrappolato.
Vediamo un esempio.
I Canoni per
eccellenza: Sherlock Holmes e "suo figlio"
Uno dei più
intelligenti manipolatori delle leggi della Memetica è sicuramente stato Sir
Arthur Conan Doyle. Ha creato un personaggio, il signor Sherlock Holmes, che si
sviluppa con le sue ben note idiosincrasie e frasi a effetto ("Io sono un
cervello, Watson. Il resto di me non è che una semplice appendice") attraverso
un corposo Canone di quattro romanzi e cinquantasei racconti, e lo ha lardellato
di tali piccole, eleganti, subdole trappole che nel corso di cent’anni hanno
titillato la fantasia non solo di umili scribi, ma anche di Autori Secondi di
tutto rispetto, tra i quali citeremo Ellery Queen (che lo fa indagare su Jack lo
Squartatore), Isaac Asimov (il quale ha scritto un racconto dei Vedovi Neri
basandosi soltanto sul titolo -sic!- di un saggio del terribile e geniale
professor Moriarty, La Dinamica di un Asteroide), Nicholas Meyer (che,
con sollievo di Watson, lo sottopone finalmente alle cure del dottor Freud) e
John Dickson Carr.
Ecco alcune delle subdole trappole
di cui Doyle ha disseminato il suo Canone, rigorosamente en passant:
"...tra questi racconti incompiuti [ovvero non risolti da Holmes], vi è quello
relativo al signor James Phillmore, il quale, rientrato in casa sua per
riprender l’ombrello, non fu mai più visto in questo mondo.Altrettanto
straordinario è l’episodio del canotto a vela Alicia, che salpò un
mattino di primavera in un leggero velo di foschia, dal quale non emerse mai
più, senza che nulla si potesse sapere, sia dell’imbarcazione sia del suo
equipaggio. Un terzo caso degno di nota è quello di Isador Persano, il noto
giornalista e spadaccino, che divenne pazzo furioso alla vista di una scatola di
fiammiferi contenente un verme insolito, sconosciuto, pare, alla scienza [Il
Mistero del Ponte sulla Thor]"; "se la cosa si ripetesse [tentativi di
impossessarsi di certe carte riservate], sono autorizzato da Holmes a dichiarare
che tutta la storia relativa all’uomo politico, al faro e al cormorano verrà
data alle stampe. Ci sarà almeno un lettore che comprenderà [L’inquilina
velata]"; "[racconto di Holmes sui suoi "anni perduti", dopo la scomparsa
nelle cascate di Reichenbach]...passai quindi in Persia, diedi una capatina alla
Mecca, e feci una breve ma interessante visita al califfo di Khartum, i
risultati della quale sono stati da me comunicati al Foreign Office [La casa
vuota]"; "Matilda Briggs non è il nome di una bella ragazza,
Watson…era una nave, il cui nome è associato al topo gigantesco di Sumatra. Un
racconto per il quale il mondo non è ancora pronto [Il Vampiro del
Sussex]."
Come resistere a
questi ammiccamenti che sapientemente Doyle offre al lettore appassionato perché
possa infiltrarsi nel mondo fittizio di Holmes (o, il che è lo stesso, per
consentire a Holmes di uscirne)? I mitografi di Holmes, lo abbiamo detto,
sono legioni. Ognuno è devoto a Holmes, ognuno ne studia e annota le storie,
ognuno spera di scoprire qualcosa del Detective che gli altri non sanno
(esempio: un tale è riuscito a inferire dal Canone che Holmes ha da 1 a 1,5
diottrie di ipermetrofia all'occhio sinistro, e da 1 a 1,5 diottrie di miopia al
destro. Il folle conclude quindi che Holmes è affetto da antimetropia), ognuno
ne aumenta insomma la potenza nell'Ideosfera. Ma se dovessimo citare uno,
uno e un solo mitografo posseduto fino al midollo da questo Meme così potente da
aver fatto erigere nel nostro mondo addirittura la sua casa, uguale a quella
immaginata da Doyle fin nel numero dei gradini (c’è bisogno di dire che si trova
al 221b di Baker Street di Londra?), ebbene quest’uomo sarebbe William Stuart
Baring-Gould, autore di una elaboratissima e divertentissima biografia di
Holmes, Sherlock Holmes of Baker Street, the Life of the World's First
Consulting Detective. Dal giovane poliziotto che viaggia per l'Europa, dal
primo caso (il Gloria Scott) fino all'ultimo (l'Ultimo saluto), al suo ritiro
tra greggi di pecore, Baring-Gould si preoccupa di colmare ogni lacuna lasciata
da Doyle lungo il Canone, attraverso una complessa serie di comparazioni
cronologiche, di deduzioni più o meno forzate, di illazioni strambe ma sempre
affascinanti: la più eclatante delle quali viene sviluppata fino alle estreme
conseguenze in un'altra biografia fittizia di questo eccezionale mitografo,
Nero Wolfe of West Thirty-Fifth Street: The Life And Times of America's
Largest Private Detective.
La biografia dedicata da
Baring-Gould a Wolfe è l'esatto pendant di quella su Holmes, come si
evince fin dal titolo simmetrico: e non è un caso. Diversi mitografi, infatti,
avevano già rilevato le strane similitudini tra la vita dell'Inglese e
dell'Americano (che ha avuto anche lui i suoi "anni perduti") - tra l'altro,
rileviamo che questo è un caso tipico in cui due Memi prendono forza l'uno
dall'altro. Ma quello che soltanto la mente analitica di Baring-Gould poteva
evincere, è che Wolfe è il figlio di Sherlock Holmes! Partendo da minuscoli
indizi, il Mitografo sostiene infatti che Holmes ebbe una relazione con la
cantante lirica Irene Adler (da lui ammirata castamente in Uno scandalo in
Boemia). Si amarono durante la latitanza di Holmes in Montenegro, lei rimase
incinta e lui la spedì al sicuro, in America: dove, a Trenton nel New Jersey,
tra la fine del 1892 e l'inizio del 1893 nacquero Nero Wolfe e suo fratello
gemello, Marco Vukcic (sulla cui tragica fine il pachidermico genio indagherà
anni dopo)…
Incredibile? D'accordo. Ma cosa è
davvero incredibile, che Wolfe sia figlio di Holmes oppure che degli esseri
senzienti parlino di loro come di due persone veramente
esistite?
P.J. Farmer,
Kilgore Trout e l'universo inflazionario di Wold Newton
Può esistere un uomo colpito dai
Memi letterari più gravemente di William Baring-Gould? E' difficile crederlo,
eppure un tale terribile caso di infezione memetica esiste. A differenza infatti
dell'agiografo di Holmes e di suo figlio Nero Wolfe, costui non si è limitato a
elaborare biografie di personaggi di carta con il rigore filologico di uno
storico e la precisione di un chimico; non ha timidamente tentato di ipotizzare
una relazione tra personaggi appartenenti a Canoni diversi, preoccupandosi di
giustificarla con contorti sillogismi. Egli ha creato invece un intero mondo, un
universo in cui coesiste una panoplìa di eroi letterari, inventando per essi una
comune origine aliena. In questo mondo si fondono non due, ma decine e decine di
Canoni appartentemente inconciliabili, le genealogie si intrecciano, le
parentele si moltiplicano, altri mitografi intervengono nel corso del tempo a
peggiorare le cose: in breve, l'Ideosfera si inflaziona come accadde
all'universo primordiale.
Wold Newton è il nome di questo
folle universo, e Philip Josè Farmer ne è il documentarista.
Sul Farmer scrittore di fantascienza
non diremo nulla: notissimi sono i suoi romanzi, alcuni dei quali giudicati tra
i migliori lavori SF di tutti i tempi. Ci soffermeremo invece sulla mitografia
di Farmer, malattia che in questo scrittore è nata in modo subdolo, senza
sintomi particolarmente gravi o anomali: nulla, insomma, che avrebbe potuto far
premonire la degenerazione nell'universo inflazionario di Wold
Newton.
Come tutti i mitografi, anche Farmer
si lascia inizialmente irretire dal Canone di Holmes (sembra essere un malanno
obbligatorio per ogni mitografo, come gli orecchioni o il morbillo!): e produce
un racconto in cui sviluppa le allusioni che Doyle si lascia "scappare" nel
racconto del Ponte sulla Thor, sopra riportate. Ma altri Canoni e altri
Memi stanno intanto aggredendo la sensibile e indifesa fantasia di Farmer:
Tarzan e Doc Savage. Essi premono alle porte dell'Ideosfera: la forza accumulata
grazie a milioni di ammiratori non gli è sufficiente. Anche loro, come Holmes e
Wolfe, vogliono diventare vivi.
Intanto, la mitografia di Farmer si
aggrava, portandolo a sviluppare una serie di pastiche in cui i
personaggi di diversi Canoni cominciano a mischiarsi e confondersi in un'orgia
memetica in cui già si scorge il profilo di Wold Newton. In The Adventure of
the Peerless Peer, Farmer finge di pubblicare un inedito di Watson (vecchio
trucco degli Autori Secondi!) in cui Sherlock Holmes si allea a Tarzan per
combattere i tedeschi in Africa, durante la Prima Guerra Mondiale. Ne Il
diario segreto di Phileas Fogg, ci illumina invece sui lati oscuri del
celebre Giro del Mondo in Ottanta Giorni di Verne, in cui veniamo a
scoprire, tra l'altro, che Fogg ci ha salvati da un'invasione aliena e che il
capitano Nemo e il professor Moriarty sono la stessa persona!
La malattia di Farmer progredisce
ulteriormente, perverse relazioni tra Ideosfera e Biosfera vengono da lui
promosse con divertita audacia, creando confusioni che ancor oggi si
ripercuotono nel Web: parliamo del celebre caso Kilgore
Trout.
Kilgore Trout è
uno scrittore di fantascienza. E' nato nelle Bermuda, nel 1907, e dopo che i
suoi genitori si sono trasferiti nell'Ohio ha cominciato a girovagare per
l'America, mantenendosi con lavori mal pagati e scrivendo storie di fantascienza
nel tempo libero. Ha scritto centinaia di romanzi e racconti: nonostante questo,
è stato per parecchi anni un illustre sconosciuto. Motivi: la sua naturale
timidezza e il fatto di aver inconsapevolmente scelto un editore, la World
Classic Library, specializzata in storie porno. Per questo i suoi libri, del
tutto innocenti, sono stati editi con copertine oscene e sono finiti nelle
librerie specializzate: il che ha comprensibilmente limitato la sua carriera. Il
genere da lui preferito è la fantascienza satirica, con pretese
intellettualistiche: i suoi romanzi sono costituiti da capitoli brevi, zeppi di
personaggi grotteschi e situazioni improbabili, conditi con citazioni più o meno
inventate.
Il bello è che Kilgore Trout non
esiste. Almeno, non nel senso letterale del termine. Infatti, è un parto
della fantasia del noto scrittore Kurt Vonnegut (l'autore di Mattatoio n°
5), che ne ha fatto una sorta di alter ego. Spesso, infatti, i personaggi
dei suoi romanzi leggono o citano novelle di Trout, e in alcuni egli compare in
carne e ossa (si fa per dire): in uno di questi, Breakfast of Champions,
il povero Trout riesce finalmente a diventar ricco.
A complicare le cose, interviene
proprio il pirata degli Autori Secondi, Farmer. Il quale decide (autorizzato da
Vonnegut, che se ne pentirà in seguito) di scrivere davvero una storia di Trout,
Venere sulla conchiglia, firmandosi per l'appunto Kilgore Trout! Per di
più, con raffinata goliardia, in quarta di copertina compare una sua foto,
truccato con una barbaccia e un vecchio cappello da soldato confederato: il che
conferisce ulteriore mistero al fantomatico scrittore. I giornali danno ampio
risalto all'insolito avvenimento letterario, ipotizzando che Trout sia uno
pseudonimo di Vonnegut (il National Observer, 17 maggio 1975, lo sostiene
apertamente, mentre il Washington Post, 2 marzo 1975, non sembra sapere
che pesci pigliare).
In breve, Venere sulla
conchiglia diventa uno dei romanzi di maggior successo di Farmer (e anche
del povero Trout!), e Kilgore diventa un po' più umano. Tuttavia, un
senso di incompletezza deve continuare a tormentarlo, se, come scrive Vonnegut
in Breakfast of Champions, "Trout è il solo personaggio da me inventato
abbastanza fantasioso da sospettare di poter essere la creazione di un altro
essere umano". Molto borgesiano.
Ormai, Philip Josè Farmer è il vero,
l'unico Sacerdote dell'Ideosfera. Si è allenato con pastiche estreme, ha
fatto incarnare Kilgore Trout: è pronto per la creazione dell'universo di Wold
Newton.
Sulle orme di
William Stuart Baring-Gould, Farmer decide di scrivere la biografia di due
celebri eroi degli Anni Ruggenti, Tarzan e Doc Savage, cui è devoto fin
dall'adolescenza: e si prepara al compito addentrandosi nei Canoni amati (e
nello stesso tempo, crediamo, nella gioventù perduta) come un esploratore, per
estrarne ogni più piccolo dettaglio, ogni data o riferimento storico o
geografico. Le due opere, Tarzan Alive e Doc Savage: His Apocalyptic
Life, non si discosterebbero molto da agiografie di altri, celebri
mitografi, se non fosse perché contengono la rivelazione di una incredibile
scoperta: Doc Savage, Tarzan, Sherlock Holmes, Sam Spade, Fu Manchu e persino
James Bond…tutti sono imparentati tra loro!
Un vero maremoto nell'oceano già
inquieto dell'Ideosfera! Come è potuta avvenire una simile, insana confusione
tra i Canoni?
Per giustificare la folle
commistione, Farmer sostiene che un meteorite radioattivo cadde nei pressi di
Wold Newton, Inghilterra, nel 1795. A causa delle radiazioni, avvennero delle
mutazioni genetiche negli abitanti del luogo: a tali mutazioni si deve quella
che Farmer definisce the single cause of the nova of genetic splendor, this
outburst of great detectives, scientists and explorers of exotic worlds, this
last efflorescence of true heroes in an otherwise degenerate age. Con
araldica precisione fornisce complicate genealogie, tutte generate da
quell'esplosione radioattiva, che ha concentrato in un solo secolo una quantità
davvero sospetta, vista col senno di poi, di eroi e cattivi oltre ogni limite
umano. Da qui, sviluppa una serie di romanzi e racconti in cui, ormai preda
dell'Ideosfera impazzita, approfondisce la tematica della famiglia mutante di
Wold Newton.
E' evidente che l'"ipotesi Wold
Newton," questo Big Bang di Memi letterari, lasci briglia sciolta a una pletora
di Autori Secondi e mitografi senza scrupoli, per creare assurde permutazioni
cabalistiche non solo tra Canoni e Canoni, ma anche tra Canoni e Storia (ad
esempio, Holmes che incontra Einstein, o Tarzan che si intrattiene con Pablo
Picasso!). Grazie a Wold Newton, è nato un nuovo gioco per i sacerdoti
dell'Ideosfera, la Crossover Chronology.
Ecco in cosa
consiste. La premessa è che nell'universo fittizio, nel Mega-Canone
creato dall' "ipotesi Wold Newton", alcuni celebri personaggi della letteratura
si trovano a essere apparentati da una comune origine aliena, per così dire.
Farmer ha persino sviluppato una cronologia degli avvenimenti basilari che
riguardano il Mega-Canone (ad esempio, gli avvenimenti relativi alla missione
segreta di Phileas Fogg e al suo incontro con Nemo/Moriarty risalirebbero
all'ottobre 1872; mentre, nel novembre 1939, Tarzan si arruola nella RAF; e così
via). Ebbene, la domanda che dà origine al gioco è: quanti altri personaggi
appartengono allo stesso universo di Wold Newton? Per rispondere, i mitografi
della Crossover Chronology (nel seguito CC) seguono un semplice
ragionamento, che possiamo così esemplificare (in modo da evidenziare la follia
di questa setta): Holmes appartiene all'universo di Wold Newton, come ci insegna
Farmer. D'altra parte, Holmes ha lavorato con Teodore Roosevelt (come sappiamo
dall'apocrifo The Adventure of the Stalwart Companions, di Paul Jeffers).
Ma, e qui nasce il crossover, la correlazione, anche il giovane Indiana
Jones ha incontrato Roosevelt (in un telefilm del Giovane Indy - perché i
mitografi della CC considerano attendibili persino i telefilm e i
fumetti, superando in audacia lo stesso Farmer, che non aveva saputo osare
tanto!). Di conseguenza, per la proprietà transitiva dei Memi, Holmes e Indiana
Jones appartengono allo stesso universo, quello di Wold Newton. Non stupisce
che, con questo rigore filologico, i mitografi della CC siano riusciti a
dimostrare la coesistenza di Holmes e soci con Zorro, il Santo, gli Avengers,
Poirot, Rocketeer, gli agenti della UNCLE, Elliott Ness (il capo degli
Intoccabili) e persino i due degli X-Files!
E' chiaro che nella CC c'è qualcosa
di profondamente sbagliato e insano. Ma cosa importa, ai memi dell'Ideosfera?
L'unica cosa che per loro conta è sopravvivere, essere ricordati, diffondersi di
mente in mente. E la Crossover Chronology è solo l'ultima strategia di
una serie che prevediamo ancora lunga. Un giorno, magari, inventeremo degli
ambienti virtuali in cui far vivere ologrammi di Holmes e Doc Savage, animati da
un potentissimo computer che costerà poche lire, con cui potremo interferire. I
mitografi impazziranno dalla gioia, ma anche persone comuni apprezzeranno di
poter passare qualche minuto seduti sulla poltrona di Watson, un buon sigaro
(virtuale!) tra le dita e la nebbia giallastra che avvolge i lampioni, giù a
Baker Street…oppure, nel laboratorio dell'Uomo di Bronzo, all'ottantaseiesimo
piano dell'Empire State Building, mentre le mille luci di New York tremolano
nella sera calante…e così, i Memi diventeranno sempre più reali.
Finchè un giorno questi ectoplasmi
elettronici escogiteranno un modo per non essere disattivati quando ci
stanchiamo di giocare con loro.
E allora l'invasione dell'Ideosfera
sarà completa.
Conclusioni
Ma, forse, non c'è
bisogno di ipotizzare scenari fantascientifici per prevedere come avverrà
l'invasione. Altre strategie potrebbero essere allo studio, o peggio ancora, già
in atto. Dopo tutto, uno dei colossi dell'Ideosfera non è l'insidioso dottor Fu
Manchu?
E' Borges, attenta sentinella del
mondo parallelo dei pensieri viventi, a dare l'allarme, nel suo Il Sogno di
Coleridge.
Samuel Taylor Coleridge, nella
tranquillità di una tenuta di Exmoor in un giorno dell’estate del 1797, in
seguito alla narcosi prodotta da un sonnifero, sogna dell’edificazione di un
palazzo da parte di Kublai Khan. Le immagini sono vivide, immanenti, tangibili,
come accade solo nei sogni profetici; Coleridge si sveglia e subito siede al
tavolo per descrivere quel che ha visto (dove?); un visitatore inopportuno lo
distoglie dall’opera, le immagini svaniscono. L'incompiuto Kubla Khan
consta di cinquanta versi, dei circa trecento che Coleridge era sicuro di poter
scrivere.
Nel Compendio di Storie di
Rashid ud-Din, opera del XIV secolo, ma nota in occidente solo venti anni
dopo il sogno di Coleridge, si legge: "Ad est di Shang-tu, Kublai Khan
eresse un palazzo, secondo un piano che aveva visto in un sogno e di cui
serbava memoria".
Come non pensare che si tratti di un
antico, incompleto e forse (speriamo) obliato progetto di invasione da parte
dell’Ideosfera, dal quale, forse, siamo stati salvati proprio dall’importuno
visitatore di Coleridge? Ecco cosa postula Borges: "il primo sogno aggiunse alla
realtà un palazzo; il secondo, che avvenne cinque secoli dopo, un poema
suggerito dal palazzo; la somiglianza dei due sogni lascia intravedere un piano;
il periodo enorme rivela un esecutore sovrumano...un lettore di Kubla
Khan sognerà, una notte dalla quale ci separano i secoli, un marmo o una
musica. Quell’uomo non saprà che altri due sognarono; forse la serie dei sogni
non ha fine, forse la chiave sta nell’ultimo".
E forse, non è inopportuno
concludere parafrasando il monito de La cosa da un altro mondo: "Scrutate
i vostri sogni...scrutate i vostri sogni!"
FINE
© Massimo Pietroselli 1998, 1999
apparso in Il Paradiso degli Orchi n°21
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