VITA IN LETTERE (Luglio)
Data: Giovedì 03 settembre 2009
Argomento: Saggistica


di Franco Ricciardiello

Libri comprati:

Daniel Pennac, La passione secondo Thérèse (Feltrinelli)
James G.Ballard, Regno a venire (Feltrinelli)
Thomas Pynchon, Contro il giorno (Rizzoli)
Hermann Broch, La morte di Virgilio (Feltrinelli)
Manuel Vázquez Montalbán, Sabotaggio olimpico (Feltrinelli)

Libri letti:

Durante gli anni del movimento cyberpunk, il Giappone diventò acriticamente lo sfondo privilegiato della letteratura di fantascienza, e la visione del futuro sembrò la proiezione ortogonale di una Tokio disumana, dominata dalla lotta tra le yakuza mafiose e le zaibutsu, le concentrazioni industriali-finanziarie. In quegli anni non fu mai tentata una serie indagine nel mondo della fantascienza nipponico, al di là dell’universo Manga che è invece conosciuto e studiato ancora oggi. Il romanzo La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Haruki Murakami ripubblicato nella collana Einaudi Tascabile potrebbe essere finalmente l’occasione giusta per recuperare il tempo perduto.
La letteratura di Haruki Murakami, con ogni probabilità lo scrittore giapponese più conosciuto in occidente, corre su due binari paralleli; da una parte, una serie di romanzi realistici di stampo romantico, ma con una vena di malinconia esistenziale alla giapponese: innanzi tutto lo splendido ”Norwegian wood” (1987, noto anche come “Tokio Blues”) ma ricordiamo anche, tra quelli tradotti in Italia, “A sud del confine, a ovest del sole” (1992) e “La ragazza dello Sputnik” (1999); dall’altra parte, una serie di romanzi che sembrano opera di un altro autore, appartenenti a un genere non definibile, ma fortemente debitori verso l’hard boiled in quanto a atmosfera: appartengono a questo secondo filone i due romanzi d’esordio, ma anche “Sotto il segno della pecora” (1982), “L’uccello che girava le viti del mondo” (1995) e questo “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” (1985), tradotto una prima volta in Italia nel 2002 presso Baldini Castoldi Dalai e ripubblicato adesso da Einaudi. In questo romanzo, il richiamo al genere hard boiled è presente addirittura nel titolo originale (Sekai no owari to hādo-boirudo wandārando, dove non solo wandārando è la nipponizzazione di wonderland, “paese delle meraviglie”, ma hādo-boirudo è proprio la traslitterazione del termine hard boiled). Il romanzo è nettamente diviso in due trame parallele a capitoli alternati.
La prima, “La fine del mondo”, è un fantasy in una ambientazione quasi kafkiana, una città chiusa all’interno di altissime mura dalle quali è proibito uscire. Gli abitanti hanno smarrito il proprio cuore, cioè la capacità di provare emozioni, svanita a quanto pare insieme alla propria ombra che hanno dovuto lasciare in custodia a un guardiano al momento del loro arrivo in città. Il protagonista senza nome, appena arrivato per una ragione che non può ricordare, viene privato dell’ombra e incaricato di una mansione di lettore nella locale biblioteca: oggetto del suo studio non sono però libri, bensì teschi di animali nei quali sono racchiusi i “vecchi sogni” degli abitanti della città. La seconda trama, “Il paese delle meraviglie”, è una storia di fantascienza ambientata in un lugubre Giappone del prossimo futuro nel quale lo Stato è completamente assorbito da un’organizzazione chiamata Sistema, che ha il compito di proteggere lo scambio di informazioni grazie ai Cibermatici. A essi si oppongono i Semiotici, il cui obiettivo sembra al contrario il furto e la diffusione delle informazioni. Il protagonista è un Cibermatico che mette il proprio cervello a disposizione di uno scienziato per una immensa mole di calcoli: la materia grigia funziona come un super-elaboratore del cui processo il Cibermatico è assolutamente inconscio. Tuttavia, il protagonista viene trascinato in un surreale vortice di avventure nello sconosciuto sottosuolo di Tokio, un mondo grottesco popolato di mostri dei quali le autorità negano l’esistenza, simbolo probabilmente di una serie di pulsioni inconsce di autodistruzione. La soluzione del romanzo non è probabilmente in linea con la tradizione fantascientifica, spesso edulcorata da un lieto fine imposto dall’editoria americana, ma la storia non ha assolutamente nulla da invidiare alle più avanzate speculazioni della letteratura d’anticipazione sulle neuroscienze.





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