Il pomeriggio prima che arrivassero
gli alieni, Molly andò a fare spese per il compleanno. La tassa
cittadina pagava la copertura in vetro delle strade del centro. Molly si
disse che approvava una preoccupazione così sensibile verso gli
ultravioletti, ma l'aria chiusa sembrava stagnante nonostante il roteare
costante dei ventilatori, e poi il sole filtrato sembrava quasi un'illusione.
Molly passò quasi
mezz'ora a scegliere dei calzoncini per la piscina per Justin. Non poteva
decidersi tra un paio ricoperto di pinguini vivaci e un altro a strisce
blu e giallo. Sei mesi fa avrebbe scelto i pinguini senza esitazioni, ma
ora forse Justin li avrebbe trovati troppo infantili.
Cercò di ricordarsi
cosa portava Adam, il suo miglior amico, l'ultima volta che li aveva portati
al parco acquatico. Pensò che fosse qualcosa di semplice. Pagò
i calzoncini a righe blu e gialle, segretamente desiderando tanto quelli
coi pinguini.
Di nuovo fuori, la temperatura
dell'aria fissata all'optimum estivo, caldo ma non afoso. Con una punta
di perversione Molly desiderò che il sistema si rompesse, anche
solo per un'ora o due, quel tanto che bastava per una mini ondata di calore.
Si fermò un attimo a ricordare una vacanza estiva che aveva giocato
sulla spiaggia. Il sole le aveva bruciato le spalle, troppo caldo, troppo
forte. Il viso le piccava per la sabbia portata dall'aria. Eppure tutto
scintillava, l'aria allegra, come se respirasse cucchiaiate di gioia non
diluita.
La gente si riversava attorno
a Molly mentre lei se stava là in piedi in quella strada del centro.
Tornò in sé con una scrollata di spalle. Le sarebbe piaciuto
portare Justin sulla spiaggia, ma non c'era modo di starci ora.
Si mosse verso il negozio
delle IA. Sapeva quanto Justin desiderasse un paio di scarpe IA, ma anche
se la maggior parte dei suoi compagni già le aveva, lui gliele aveva
chieste una volta sola. Quando Molly gli aveva detto che costavano troppo
e lei non ci arrivava, si era morso il labbro e non le aveva più
chieste.
Così due mesi fa
Molly aveva disdetto il suo abbonamento con le interattive, accontentandosi
della TV ordinaria, e aveva pensato che così avrebbe risparmiato
abbastanza per comprare le scarpe a Justin.
Nell'entrare nel negozio
delle IA Molly dovette chiudere un attimo gli occhi. Il pavimento, il soffitto
e le pareti erano di un nero violaceo. Degli ologrammi luminosi danzavano
su entrambi i lati, segnando i corridoi. Molly fece un passo in avanti
titubante.
"Posso aiutarla?" Un meccanismo
a forma di bruco le apparve di fronte. Il meccanismo sollevò il
davanti del suo lungo corpo finché la testa non fu a livello del
suo petto, la pelle argentea che luccicava.
"Sto cercando delle scarpe
IA."
"Mi segua, per favore."
Il meccanismo si diresse lungo un corridoio, voltando la testa per vedere
se lo seguiva. Si fermò di fronte ad un vasto assortimento di scarpe.
"Prima scelga il tipo di scarpe e poi le mostrerò la nostra selezione
di personalità IA."
Molly annuì, cercando
di apparire come se veniva in negozi come questo tutto i giorni. Sandali
e ballerine, pattini per il ghiaccio e scarponi e scarpette da neonato
si stendevano di fronte a lei. Dopo una lunga pausa, indicò un paio
di scarpette da tennis arancioni. "Quanto vengono quelle?"
"Ottanta dollari, senza
programmi installati. Ha in mente qualche personalità IA particolare
per le scarpe?"
"No. Sono per mio figlio.
Fa sette anni."
"Forse un supplemento educativo?"
Il meccanismo sollevò le sue zampe posteriori verso una piccola
tastiera e batté un comando. La scarpa sinistra si agitò.
"Quanto fa due per ventisei?" chiese la scarpa arancione.
Molly non disse nulla. Il
meccanismo fece un rumore come per raschiarsi la gola, anche se Molly sapeva
benissimo che non aveva gola. "Cinquantadue," disse Molly.
"E' giusto!," disse la scarpa.
"Che ragazza intelligente!"
La scarpa destra si agitò
accanto all'altra. "Due per ventisei fa cinquantadue, e sai quanti stati
ci sono in America?"
"Cinquantadue," disse Molly.
Guardò verso il meccanismo. "Avrei voluto qualcosa di più
divertente."
Il meccanismo batté
un altro comando.
"Cantiam cantiam, in
coro una canzon" cantarono le due scarpette da ginnastica arancione.
Molly scosse la testa. "Assolutamente
no."
Declinò la dozzina
di offerte successive. Il programma di guardie e ladri la divertiva, ma
aveva sentito dire da Justin ed Adam che i giochi di polizia erano ormai
superati. Alla fine si decise per un programma senza trovate. La scarpa
sinistra e quella destra si limitavano a chiacchierare come fossero dei
bambini; la scarpa sinistra, Bertie, era un po' prepotente, quella destra,
Alex, sembrava un po' più timida.
Il meccanismo incartò
le scarpe in una carta tessuto arancione dentro ad una scatola arancione,
le mostrò come spegnere le voci di Bertie e Alex e le assicurò
che il programma si disattivava automaticamente durante le ore di scuola.
Molly si tenne stretta la
scatola di scarpe incartata con carta da regalo per tutta la strada verso
casa sull'autobus, immaginando la reazione di Justin la mattina dopo.
La sera prima che arrivassero
gli alieni, Justin era iperattivo, sovreccitato dall'imminente compleanno.
Molly gli preparò una tazza di latte caldo, sperando che riuscisse
a calmarlo un po'. Ma Justin continuò a scalare il Monte Everest
(il divano e gli scaffali accanto ad esso), usando la sciarpa e sei forchette
da cucina come equipaggiamento.
"Ma che succede se non arriva
il mio compleanno?" chiese Justin, mentre si sedeva trionfante sulla cima
della sua montagna, dopo aver rintracciato la pista di Sir Edmund Hillary
e Tenzing Norgay lungo la dorsale di suddest.
"Sciocco, naturalmente il
tuo compleanno arriverà."
"E se ci fosse un incendio
e i miei regali bruciassero?"
"Non ci sarà nessun
fuoco," disse Molly, sollevando Justin e facendolo sedere sulle proprie
gambe, giù al campo di partenza. "Ma se ci dovesse essere un incendio,
ti comprerei altri regali. Te lo prometto. E adesso è proprio ora
di andare a letto."
"Solo altri cinque minuti,
mamma, per favore."
"Va bene," disse Molly e
lo guardò mentre si apprestava ad una seconda scalata del Monte
Everest. Avrebbe tanto desiderato qualcuno con cui condividere Justin,
per stare seduti sul divano mentre Justin giocava, per parlare quando Justin
si addormentava. Justin aveva delle zie e degli zii, ma non era la stessa
cosa.
Molly aveva aspettato di
superare i cinquant'anni prima di capire che l'Uomo Giusto non sarebbe
arrivato mai. Sua sorella l'aveva accompagnata in una clinica di pianificazione
familiare, attendendo pazientemente che l'ufficiale si accertasse che Molly
non aveva già usato la sua quota di un unico figlio. Poi Molly e
sua sorella avevano preso un padre dal database, un biochimico dagli occhi
gentili, con lunghe dita e una predisposizione a suonare il violoncello.
Molly sapeva che era stupido,
ma di quando in quando sognava del padre di Justin, desiderando di raccontargli
ogni cosa di suo figlio. Guardò l'orologio. "Ora di andare a letto!"
Gli sistemò le coperte,
gli lesse un capitolo dalla Collina dei conigli, lo baciò
una volta, cercando di aggrapparsi al momento come aveva cercato di aggrapparsi
ad ogni momento dell'infanzia di lui, sforzandosi di tirare avanti fino
alla mattina.
La notte prima che arrivassero
gli alieni Molly guardò due commedie mediocri alla TV, poi si alzò
per farsi una tazza di cioccolata mentre aspettava il notiziario di tarda
notte. Aveva sentito qualcosa su un gruppo di meteore scoperte da un monitoraggio
del sistema solare profondo. Un po' incuriosita, ricordando le stelle cadenti
che aveva visto una notte una decina di anni prima, tornò nel salotto.
Una formazione triangolare
di macchie blu e verdi lampeggiava sullo schermo TV, oltre Saturno, secondo
l'annunciatore. Oltre Saturno. Per un attimo Molly fece girare le
parole nella sua testa, sembrava quasi l'inizio di una favola, "Tanto,
tanto lontano..."
Con uno scatto della testa
Molly spense la TV. Ora d'andare a letto. Sapeva che Justin si sarebbe
alzato presto la mattina dopo. Si fermò accanto alla porta di Justin,
l'aprì un po' per un'ultima occhiata a suo figlio, che dormiva profondamente.
In silenzio richiuse la porta.