a cura di Roberto Sturm
Raymond Jean |
La lettrice |
Robin edizioni, gennaio 2000, pagg.138, L. 15.000 |
Questo romanzo fresco e moderno del francese
Raymond Jean, visiting professor in Cina, USA e URSS è
insieme una storia divertente e un omaggio alla letteratura
mondiale, con un occhio di riguardo a quella francese. Marie
Constance G., 34 anni, sposata, abitante in una città della
provincia francese, si offre come "lettrice a
domicilio", consigliata nella selezione dei libri dal suo ex
professore, con il quale ha un rapporto in bilico fra il
complesso di Elettra e la simpatia intellettuale. Marie Constance
alterna letture di Maupassant, Baudelaire, Marx, Simon a
domicilio dei suoi clienti: un ragazzino leggermente ritardato,
con una passione voyeuristica per le sue gambe; una vecchia
nobile ungherese infatuata di marxismo, che la trascina in una
serie di guai con la polizia locale; un manager con problemi
coniugali che si incapriccia di lei; infine, un anziano
magistrato che le chiede passi scabrosi dalle 120 giornate di
Sodoma del Marchese De Sade. Marie Constance si ostina a
compiere con serietà professionale il suo compito di lettrice,
tentando anche una minima educazione letteraria dei suoi
ascoltatori: ma alla fine a suscitare reazioni scandalose (o
morbose) sarà sempre la sua persona più che la sua voce o il
contenuto delle letture. Divertente, disincantata vicenda giocata
su contrasto fra il rigore personale della protagonista e le
sollecitazioni della vita.
Franco Ricciardiello
Marcello Bonati |
Cercando i colori dell'uomo |
Chieti,
Tabula Fati, Carta da visita 11, 1998 pagine 98, L. 11.000 |
In questopera desordio di Marcello Bonati è
senzaltro la donna, nelle sue molteplici identità, il
protagonista se non assoluto almeno principale. Discostandosi da
stili e trame usuali, lautore nei quattro racconti
che compongono questa antologia ci immerge in atmosfere
ibride, tra lonirico e lhorror, tra il fantastico e
il thriller.
Ed è proprio la ricerca di unidentità propria,
letterariamente parlando, la pecularietà più evidente della
scrittura di Bonati, che lascia il mondo normale, il mondo
borghese, per addentrarsi in mondi forse più surreali che
irreali, forse più interiori che esterni.
Ed è lo stile, apprezzabile per la sua linearità, per la
mancanza di tentativi di virtuosismi fini a se stessi, a rendere
questo libro godibile dal punto di vista del puro esempio di
letteratura devasione, nonostante i livelli di lettura
siano diversi e nonostante alcuni limiti comuni ad opere di
autori esordienti.
Roberto Sturm
Don DeLillo |
Americana |
Il saggiatore, 2000, pagine 380, L. 32.000 |
"Il Saggiatore" pubblica a quasi 30
anni di distanza il romanzo d'esordio del newyorchese di origini
italiane DeLillo, colonna portante del postmoderno americano,
autore del monumentale (e fondamentale) Underworld apparso
in Italia l'anno scorso, insieme alla ristampa di "Rumore
bianco", per Einaudi. "Americana" è nettamente
diviso in tre parti: nella prima il protagonista David Bell
lavora in una rete tv di New York quando inizia la sua crisi
esistenziale. Insofferente della lotta aziendale per il potere,
comincia a sentire l'attrazione degli spazi dell'ovest. Organizza
un viaggio via terra su un vecchio camper, insieme a donna da cui
si sente attratto e da un amico dedito all'alcol, per raggiungere
un set cinematografico nel west dove dovrà girare un
cortometraggio sulla riserva Navajo. Tutta la terza parte
riproduce il breve vagabondaggio del camper, l'autostoppista che
si unisce alla banda, la loro irruzione in una piccola comunità
del midwest e il tentativo di girare una specie di filmato
verità con attori non professionisti. La crisi di David Bell e
la sua volontà di trovare la propria strada si dissolvono in
questa entropia di inanità, che simboleggia il cul-de-sac in cui
si trovava la coscienza americana negli anni Sessanta. La parte
centrale, dopo le faide aziendali e prima dell'avventura on
the road, è una lunga serie di flashback sull'infanzia di
David Bell, che sembra preannunciare alcune strutture narrative
del DeLillo più maturo, in particolare l'infrastruttura "a
gambero" di Underworld. Si tratta di pagine bellissime in cui la capacità
stilistica dell'autore si sfoga al massimo livello. Imperdibile
per i fans di DeLillo.
Franco Ricciardiello
Carlo Lucarelli |
Guernica |
Einaudi Stile Libero, 2000, 84 pagine, L. 14.000 |
Si tratta della
ristampa, riveduta e aggiornata, di un racconto lungo (o romanzo
breve) già apparso per Minotauro. Lucarelli mette in piedi un
bel noir ambientato in Spagna durante la guerra civile: il
protagonista è un ufficiale del corpo di intervento italiano,
intenzionato a riportare in Italia la salma di un amico, al quale
viene affidato come attendente un doppiogiochista di nome Filippo
Stella. Cocciuto fino all'autolesionismo, l'ufficiale si rende
conto che il presunto cadavere del suo amico è un falso, mentre
la sorte dell'uomo che cerca è misteriosamente legata a una
serie di omicidi brutali che dal fronte portano verso nord, verso
la cittadina basca di Guernica dove la Luftwaffe non ha ancora
scaricato il suo uragano di bombe. Nella vicenda interviene anche
un riconoscibilissimo Hemingway, mentre fanno una breve comparsa
alcuni miti degli anni Trenta: la rivoluzionaria italiana Tina
Modotti, il fotografo Bob Capa, Andrè Malraux, John Dos Passos,
Orwell e Neruda, e gli argentini Octavio Paz e Rafael Alberti. Il
romanzo è un piccolo gioiello di cinismo e tenerezza, horror e
ricostruzione storica, e il finale (riscritto da Lucarelli per
l'occasione) lascia immaginare l'epilogo che rimane un passo al
di là dell'ultimo punto.
Franco Ricciardiello
Jhumpa Lahiri |
L'interprete dei malanni |
(Interpreter of maladies, 1999), Marcos y Marcos, 1999, pag. 230, L. 24.000 |
Finalmente la letteratura del subcontinente
indiano comincia a conquistare anche in Europa il posto di primo
piano che le spetta; sino ad oggi abbiamo assistito alla
traduzione di quella parte di narrativa contigua alla letteratura
anglofona, ma aspettiamo con pazienza che la testa di ponte si
consolidi. Anche Jhumpa Lahiri, nata nel 1967 a Londra e
residente a New York City, ci presenta in questa raccolta di
racconti un'antologia di storie ambientate fra India e Stati
Uniti. Il tema dei racconti è sempre e comunque minimalista,
tanto da ricordare l'esordio di Susan Minot con Scimmie, ma il
risultato è che questo libro lascia in bocca un retrogusto
dolceamaro; Quando veniva a
cena il signor Pirzada racconta, attraverso
il punto di vista di una bambina, il disastro del Bangla Desh; L'interprete dei malanni è una storia di casto erotismo in un'India da
cartolina turistica; Sexy è il resoconto di una relazione extraconiugale fra una
latinoamericana e un immigrato indiano a Boston; Questa casa benedetta osserva con occhio imparziale i rapporti fra
cattolicesimo e induismo; ma la storia più bella è l'ultima, Il terzo e ultimo continente, in cui l'autrice distilla alla perfezione l'intera
poetica della sua scrittura: una levità discreta che non muove
accuse esplicite ma lascia intuire l'orrore, che sottolinea senza
rassegnazione né giudizi le asperità della vita, le difficoltà
di comunicazione fra i sessi, l'impatto fra culture diverse.
Jhumpa Lahiri, proclamata migliore esordiente del 1999, è un
nome da tenere a mente.
Franco Ricciardiello
Rebecca Wells |
I sublimi segreti delle Ya-Ya Sisters |
(Divine Secrets of the Ya-Ya Sisterhood, 1996), Marco Tropea, 1999, pag. 386, L. 28.000 |
Il rischio di questo romanzo vincitore del
premio American Booksellers Book of the Year per il 1999
è quello di essere confuso con uno dei tanti manuali new age per
colpa della copertina: due donne pettinate alla moda degli anni
Cinquanta, presumibilmente madre e figlia, giocano alla cavallina
sullo sfondo di un cielo blu. Per fortuna la parola
"romanzo" compare due volte sul frontespizio. Il
secondo rischio, una volta appurato che si tratta di un'opera di
fiction, è quello di scambiarlo per un "rosa", grazie
alla citazione che compare sotto il titolo: "Un romanzo
divertentissimo e insieme commovente sui complessi legami tra una
madre e una figlia." Invece, questo Sublimi segreti delle Ya-Ya
Sisters è una interessantissima
cavalcata attraverso un'epoca e un ambiente (dagli anni Trenta
agli anni Sessanta nella Louisiana rurale) che di solito
rimangono a margine nella letteratura americana. Questa
scenografia a metà fra l'agreste e il cajun fa da sfondo a una
vicenda esistenziale: una scrittrice si trova a ricostruire i
complessi legami che hanno unito la propria madre a tre amiche
d'infanzia e di gioventù. Soprattutto, il fil rouge della storia
è un episodio oscuro che la riguarda direttamente e del quale
serba solo un ricordo appannato: il ricovero della madre Viviane
in una casa di cura per malattie mentali, quando la figlia aveva
dieci anni. La robusta narrazione di Rebecca Wells è molto
evocativa, non scade mai nel romanticismo fine a se stesso, e sa
giocare sull'intensità del ricordo attraverso i sensi: gusti,
suoni, colori esplodono a volte dalle pagine, avvolgendo il
lettore in un ambiente deliziosamente rétro.
Franco Ricciardiello
Tove Nilsen |
La fame dell'occhio |
(Øyets Sult, 1993), Iperborea, 1999, pag. 212, L. 24.000 |
Chiunque abbia una conoscenza della letteratura
scandinava che la casa editrice "Iperborea" continua a
tradurre da anni, con risultati più che lusinghieri, si troverà
leggermente spaesato con questo squisito romanzo della norvegese
Tove Nilsen, 48 anni, ex scrittrice femminista: lontano dalle
ambientazioni paesaggistiche degli svedesi e dei finlandesi, la
storia segue la vicenda quasi kafkiana di un immigrato indiano di
nome Azhiz Shabaz Kumar Sen, giunto a Oslo con una laurea in
geologia per seguire il fascino di uno strano norvegese che ha
visto morire in India. Le vicissitudini sono ricostruite a
posteriori, attraverso i ricordi di Shabaz, dopo la sua cattura
da parte di una polizia i cui metodi sono decisamente meno
brutali delle forze dell'ordine cui è abituato. Attraversiamo
così una galleria di personaggi caratterizzati con pochi tratti
distintivi: il goffo Salman-Salman che non riesce a dimostrare la
propria identità all'immigrazione; il chirurgo del cervello
Hansen e sua sorella Liv; l'imperscrutabile ispettore Foss e
l'originale Andersen, babbo natale in India. Se vogliamo invece
tentare una lettura diacronica del romanzo, ecco una serie di
episodi indimenticabili: l'ostinazione di Shabaz per imparare a
pattinare sul ghiaccio, l'incontro-scontro con il funzionario
dell'immigrazione; il colpo di fulmine per Liv. L'occhio del
titolo, quello del padre di Shabaz che sta perdendo la vista,
diventa anche una metafora della fame di vedere il mondo
inoculata nel giovane dal folle Andersen.
Un romanzo da rileggere dopo qualche anno, per gustarlo ancora
meglio.
Franco Ricciardiello