La baby sitter ha venduto l'anima al diavolo
di Maurizio Porro
William Friedkin, regista Oscar dell' «Esorcista» e del «Braccio violento della legge», ringrazia ufficialmente i fratelli Grimm per avergli ispirato questa favola dell'orrore (basata sui libro «The nanny» di Dan Greenburg, edizioni Sperling & Kupfer) in cui si riconosceranno tutti coloro che hanno avuto problemi con le baby sitter.
Phil e Kate, giovane coppia di belle speranze, si trasferisce a Beverly Hills con un libro di Stephen King in valigia, mette al mondo un bel bambino e assume una bionda baby sitter, Camilla, che non la racconta giusta. Sarà perchè noi, nel prologo, abbiamo già visto lo scippo di un bebè, sarà perché l'affascinante donna si crogiola eroticamente presso un albero, ma c'è qualcosa di marcio. Camilla fa infatti parte dei druidi, perverso ordine religioso che adora gli alberi e a essi sacrifica esseri umani.
Avrete già capito: la baby sitter attende solo che il sangue del neonato si rinnovi per immolarlo al suo dio sconosciuto. Se non fosse per un corteggiatore che la tampina e per l'altra madre orbata del suo piccolo che avverte in tempo, Camilla avrebbe partita vinta. Invece dovrà cedere il bimbo ai suoi legittimi proprietari. Che s'impegneranno soli e non creduti nella lotta contro il Male dalle lunghe radici e dalle ombrose fronde: mentre il padre sega il vecchio albero, da cui spruzza sangue sui bosco, anche l'infida adoratrice perde le sue forze mortali, e così sia.
«L'albero del male» («The guardian») fa parte di quel genere di horror che ha in «Rosemary's baby» il suo alfiere, in cui si esaminano gli orrori arcaici nascosti nella società contemporanea, ovvero il neo realismo paranormale.
E il fatto che bersaglio del complotto sia un lattante (anzi quattro, secondo poppate e capricci del giorno) acuisce sdegno e attenzione verso un prodotto che potrebbe catalogarsi come «bambocciata» al sangue.
Ma essendo Friedkin un regista che sa gli horror suoi, conduce la materia al giusto parossismo, facendo risaltare la surreale follia di questa favola nera.
Tra gli attivi del non esaltante bilancio, oltre a tre attori di media forza (la buona mamma era già stata al fianco di 007, mentre la baby sitter è l'inglese Jenny Seagrove, dallo sguardo promettente), c'è la bella fotografia notturna di John A. Alonzo. Ma intendiamoci: mentre le metamorfosi di Ovidio erano elegie poetiche, questa metamorfosi californiana pesca nel torbido, raggiungendo subito le fosche tinte perchè non ha altro da dire, e senza metafore si affida alla salsa di pomodoro sperando di farci credere che sia sangue giovane e innocente.
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