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Brutte previsioni del tempo per il perfido Sean Connery


di Maurizio Porro


Gliene hanno dette di tutte e di piu, quando «The avengers» è uscito in Inghilterra: il meglio è che sembra scritto da un marziano di 11 anni.

È come moda comanda, la riscrittura fine millennio di un popolare serial tv che dal '61 all'81 fece impazzire l'Auditel del villaggio globale - in Italia si chiamava «Agente speciale» - dove la trovata era lo stile super-british, ma opposto a quello del coevo agente Bond. Oggi John Steed ed Emma Peel, la coppia di investigatori (in origine Patrick Mcnee e Diana Rigg) ha i manierismi di Ralph Fiennes e dell'americana Uma Thurman, visibile anche «sdoppiata», alle prese con un intrigo metereologico internazionale.

Di cui l'anima è il cattivo August De Wynter, Agosto d'Inverno, un Sean Connery nei panni di un cattivo folle degno del suo 007. È lui che regola buffe riunioni d'affari (sporchi) in cui sono tutti travestiti da orsacchiotti e vuole sconvolgere col progetto Prospero (vedi «La tempesta» ma è citato anche Riccardo III) il clima inglese, che non potrebbe che migliorare, offrendo una perpetua glaciazione: le stagioni, signora mia, non esistono più. E non esiste più neanche lo spirito e il climax "doppio" di questo telefilm radicato nella cultura pop '60 e qui affidato a una ridicola imitazione ghiacciata dell'english touch, inteso come il maggiore Thompson, con thè no stop. Indifferenti al racconto, svolazzanti su auto da collezione, Fiennes è in bombetta e bastone, la Thurman in completo di cuoio nero; Sean è invece in kilt e il regista Jeremiah Chechik è in completa crisi di ispirazione, bissando la mediocrità già profusa nel remake dei «Diabolici». Se qualcosa si può salvare in questo finto kolossal Warner privo di ogni emozione o sorriso peggio di un disco rotto, è il design dello scenografo Stuart Craig che riesce a mixare il pop anni '60 col fantasy.






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