I mansueti brontosauri sopravvissuti
di Leonardo Autera
La paleontologia ci insegna che le specie dei dinosauri scomparvero improvvisamente dalla faccia della terra 65 milioni di anni fa.
Ma per l'ipotesi fantascientifica nulla è impossibile, nemmeno che una famiglia di quei giganteschi rettili preistorici sia sopravvissuta fino ai giorni nostri, in una foresta dell'Africa equatoriale, senza subire nel tempo alcuna mutazione biologica.
È quanto si verifica nel film Baby, il segreto della leggenda perduta, dove una coppia di giovani sposi, Susan e George, lei paleontologa lui giornalista, avendo trovato due enormi vertebre di data recente da attribuire a qualche grosso animale diverso da un elefante, si, avventurano nell'inesplorata selva africana e infatti s'imbattono, oltre che in una colorita tribù indigena, in una famigliola di brontosauri, padre, madre e cucciolo (il "Baby" del titolo), che dopo i primi spaventi procurati si rivela tanto docile da permettere ai due esploratori di stabilire con essa un gentile e amichevole rapporto.
Ma la vicenda va anche movimentata, e allora interviene uno scienziato molto cattivo che, volendo far sua la strabiliante scoperta, si mette sulle stesse tracce con l'aiuto di militari del governo popolare del Paese e, individuati a sua volta i bestioni, riesce a catturarne la femmina dopo averla narcotizzata e uccidendone il maschio che aveva tentato di salvare la compagna.
Soltanto il carezzevole cucciolo rimane con Susan e George, i quali cercano in ogni modo di consolarlo mettendosi poi ad affrontare i malvagi per liberare la mamma di «Baby». E, manco a dirlo, sarà costei che, a coronamento dell'ardimentosa impresa, si vendicherà dello scienziato cattivo facendone scempio prima di riunirsi con il figlioletto; mentre i due bravi giovani decideranno di lasciare finalmente liberi e in pace, nel loro territorio naturale, gli ormai due unici brontosauri sopravvissuti.
Girato in Costa d'Avorio, il film, è una tipica produzione Disney prevalentemente indirizzata ai ragazzi. In tale direzione, qualche scena di eccessiva violenza poteva essere risparmiata, Ma l'attenzione maggiore è convogliata sui modelli di brontosauri (animati con tecnica abbastanza avanzata) e soprattutto sul cucciolo “Baby” che diventa il vero protagonista della storia. Se là sua maniera di muoversi non è delle più naturali, in compenso l'espressione dolce del muso appare ricalcata in uguale misura sul «Bambi» antropomorfico della premiata ditta e sul buon mostro "E.T." dagli stessi occhioni teneri: una simbiosi che meglio non potrebbe stabilire la simpatia dei piccoli spettatori.
D'altre canto, la potenziale evocazione fantastica è sorretta dalla sciolta regia di Bill W.L. Norton che dosa convenientemente l'avventura straordinaria con il patetico e con l'humor; mentre gli interpreti si adeguano alle caratterizzazioni tutte d'un pezzo.
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