Magia nera e feroci delitti nel cuore segreto di New York
di Leonardo Autera
Un'irruzione dell'irrazionale nella normalità quotidiana? L'America bianca e razionale contaminata dal mondo magico delle minoranze etniche? Oppure un semplice thriller parapsicologico ad effetto sensazionalistico? Pur non escludendo del tutto, almeno nelle intenzioni, le prime due ipotesi, è l'ultima che prevale e domina al cospetto dell'imprevedibile e, in definitiva, alquanto ingombrante film del già prestigioso regista inglese John Schlesinger (ma quanto lontani, ormai, i tempi di Una maniera d'amare, di Un uomo da marciapiede, di Domenica, maledetta domenica).
Basato su una sceneggiatura di Mark Frost, che a sua volta si è rifatto sia al libro «The Religion» di Nicholas Conde sia all'inquietante constatazione che oltre tre milioni di americani - così almeno sostiene Schlesinger- praticano attualmente il «Santeria», sorta di rito mistico e sanguinario (magari sacrificando qualche gallina) di millenarie origini africane e poi importato dagli schiavi nei Caraibi, The Believers ambienta a New York l'orripilante vicenda di uno psichiatra al servizio della polizia che viene a trovarsi coinvolto fino alle estreme conseguenze in un occulto meccanismo di magia nera.
Il protagonista, Cal Jamison, che ha già subìto un trauma per la morte della moglie in un singolare incidente domestico ed è rimasto solo con il figlio di sette anni, deve sopportare anche di peggio allorché, trasferitosi da Minneapolis nella grande metropoli, viene incaricato di indagare su alcuni atroci delitti, di chiaro stampo sacrificale, che hanno come vittime i bambini. La circostanza iniziale è fornita dal rinvenimento, accanto ad uno di questi cadaveri, di un poliziotto completamente uscito di senno e della cui inspiegabile pazzia lo psichiatra è tenuto ad occuparsi. Da questo momento a Cal cominciano ad accadere fatti strani che non risparmiano il figlio e la nuova compagna che ha trovato nella sua padrona di casa.
In breve, diventa egli stesso bersaglio di forze non del tutto occulte, delle quali si rivelano partecipi - come accadeva a Mia Farrow in Rosemary's baby - anche i suoi amici più fidati. Fatto sta che Cal, stretto in una morsa di inganni e drogato, è indotto addirittura ad accingersi a sacrificare di persona il proprio figlio, riuscendo però a stento a ricuperare la ragione e a fuggire col bambino dopo aver fatto un macello dei sacerdoti della setta e del loro capo. Tutto finito per il meglio? Niente affatto: le ultime immagini ci mostrano Cal al cospetto di ancor più preoccupanti segnali della barbarie in progresso.
Se nella prima parte il film, avvalendosi di un certo taglio quasi documentaristico, sembra introdurre un discorso su quanto di segreto e di imponderabile si cela dietro un'apparente normalità, in seguito tutto si disperde in una gran confusione fino a naufragare in un irrimediabile grottesco. Certi effettacci choc (rettili estratti dalle viscere di un cadavere, ragni che escono dalla piaga di un bubbone formatosi sul volto della compagna di Cal) sono imperdonabili e degni piuttosto di un film di Lucio Fulci. È vero che nel pur diversamente considerevole Il maratoneta Schlesinger tendeva a privilegiare, taluni motivi scioccanti, ma ora vi sguazza senza più badare ad altro. Quanto agli interpreti, il loro impegno è limitato, quanto quello del regista. Si stenta soprattutto a credere che Martin Sheen, il protagonista, sia lo stesso attore che aveva dato corpo e sensibilità prodigiosi ai personaggi di La rabbia giovane e di Apocalypse now.
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