Fuga kolossal in sottomarino
di Maurizio Porro
Ventimila leghe sotto i mari sovietici, capelli a spazzola, sguardo nobilmente folle tra Stalin e Samuel Beckett, Sean Connery, nel 1984, era pre-Gorbaciov, scappa, nei panni di Ramius, capitano di un sottomarino dell'URSS, l'Ottobre Rosso, dotato di un sistema avanzatissimo di propulsioni nucleari, verso le libere acque occidentali, dopo aver avvertito per lettera il Cremlino.
Aiutato da un agente della Cia con problemi di vertigini ma dotato di psicologia, sbucherà in America da un fiume del Maine, dopo aver seminato le flotte statunitensi e sovietiche che, per ragioni diverse, lo volevano in fondo all’oceano, con i suoi missili.
Connery raffigura un disertore prepotente, misterioso, regale, che non si fa intimorire né dai tranelli burocratici russi né dai ciechi marines che, senza vederlo, sentono solo i cori commossi dei suoi soldati.
Dalla Russia con amore e un po' di musica.
Romanzati due volte, prima dallo scrittore Tom Clancy, autore dell'omonimo best seller (Rizzoli), che Reagan tiene sul comodino insieme ad altri cinque milioni di americani, ed ora da John McTiernan, regista “bombarolo” al servizio di Schwarzenegger e Bruce Willis, i fatti accaddero davvero nel '75, non ebbero un budget di 50 miliardi come il film, e mandarono a morte Valerij Sablin, autore della fuga.
Manovrando un thriller che ha salde radici nella follia e concedendosi qualche rullo di tamburo retorico nel gioco oggi non più attuale fra Bene e Male, «Caccia a Ottobre Rosso» è l'ultimo film di guerra fredda che suona stereofonico e mette a fuoco due protagonisti che si completano a vicenda. Giacché anche l'americano è uno di quegli eroi subito familiari al pubblico, e Alec Baldwin, che lo interpreta, passa definitivamente in serie A.
McTiernan, che utilizza nel cast molti altri uomini veri, da Scott Glenn a Sam Neill, da Earl Jones a Tim Curry, spende la prima parte del claustrofobico kolossal a dare le posizioni della partita, rischiando qualche lungaggine nelle mosse, ma poi suona la carica, monta la sveglia del thriller e organizza un gran finale scoppiettante di superpotenze all'attacco.
Ma sempre tenendo, a basso volume, il filo di un certo humour, ben visibile sul volto da copyright di Connery, capitano Nemo del Duemila.
L'affascinante battaglia sottomarina, non indenne da qualche tentativo di poesia, è accompagnata dalla musica prepotente di Poledouris, è sceneggiata dagli esperti e sintetici Ferguson e Steward, benissimo fotografata da Jan de Bont e arricchita dagli effetti speciali acquatici della Lucasfilm.
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