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Ma che horror quella realtà


di Maurizio Porro


Famoso per aver creato il mostro Freddy Krueger del primo «Nightmare», Wes Craven, regista cult dell'horror, filosofo dell'America disastrata, compie in «La casa nera» ("People under the stairs") un bel salto di qualità verso la metafora, ma sempre popolare e divertente. Anticipando i disordini razziali di Los Angeles, egli s'inventa, andando con la cinepresa verso l'angoscia delle tenebre, che due infami proprietari immobiliari, cannibali morali e materiali abituati a speculare su tutto, nascondano e torturino nella loro casa nel ghetto nero di Los Angeles una tribù di zombie, cioè tutti i malcapitati ragazzi che avevano visto o sentito ciò che non dovevano né vedere né udire. Ed ora, reclusi e affamati in cantina, i prigionieri guardano non a caso da uno schermo tv le scene del bombardamento americano su Bagdad.

Coppia diabolica di fratello e sorella con cane addestrato al peggio, i due, che vengono dalla covata di «Twin Peaks», "mimano" il rapporto di marito e moglie. E anche quello della paternità, giacché essi sono, come suggerisce Craven, un'allegoria della ricca borghesia bianca, non a caso utilizzano la casa, col suo labirinto di cunicoli e la struttura oppressiva della famiglia, come uno psicotico strumento di punizione e segregazione dal mondo esterno.

Finché un ragazzino nero di 12 anni, detto il «fool» (ma è mal tradotto in «grullo») sfrattato ma eroe per vocazione, non si insinua nella allucinante dimora dove vede morire un compagno, e poi, di pertugio in pertugio, come in un “Tom e Jerry” del terrore, fa amicizia con una bambina sequestrata (guarda un po', si chiama Alice) e alla fine riesce a dare scacco matto ai due orrendi «mariuoli». Un bel finale, con tutti i neri davanti alla porta pronti all'esproprio proletario e la polizia che finalmente capisce.

Un film emozionante, con attori bravi e un po' sconvolti, in cui Craven - che a questa storia pensava da 12 anni ispirato dalla cronaca - rinuncia agli effetti plateali del terrore per salire a un discorso tematico, senza dimenticare le occasioni dello spettacolo: al confronto la famiglia Addams diventa innocua.

Una favola morale di paura, l'incubo di una notte d'estate con temporale: ma in filigrana c'è la situazione elettrica della società USA, corretta al ritmo del buon cinema. Che coniuga l'irrazionale oscurità della mente con le ragioni più «razionali» dello spavento, apre quella porta dell'ultima casa a sinistra ma osserva anche la realtà impaurita dalle rivolte social-generazionali.






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