Un'impresa spaziale
di Andrea Voglino
Ha costruito un impero fittizio - ma terribilmente redditizio - frullando insieme i serial vintage di Flash Gordon e Buck Rogers, i saggi di Joseph Campbell e il linguaggio dei fumetti Marvel. Trent'anni fa gli era sembrata una scommessa impossibile, tanto che la sera della prima di Star Wars: una nuova speranza si tenne ben lontano dal cinema. Oggi, invece, George Lucas è serafico come uno dei suoi cavalieri Jedi, mentre illustra la seconda stagione di The Clone Wars, la serie in animazione digitale che ha rinnovato il mito di Guerre Stellari.
Quali sono le principali differenze tra questa stagione e la precedente?
«La serie procede seguendo uno schema già collaudato con la prima trilogia live-action. La prima stagione aveva un tono volutamente spensierato, basato sul conflitto fra bene e male e su buoni e cattivi ben caratterizzati. Con la seconda stagione, vogliamo approfondire il discorso, un po' come avevamo fatto a suo tempo con L'impero colpisce ancora».
Cosa possiamo aspettarci dal nuovi episodi?
«Un intreccio ben più complesso. E la consapevolezza che la guerra dei cloni non è tanto semplice come potrebbe sembrare a prima vista. Il bello è che mentre la trilogia originale portava al trionfo dei ribelli sull'impero galattico, la nostra serie si concluderà all'inizio di Star Wars: episodio III - La vendetta dei Sith. In un momento dunque molto difficile per le forze del bene».
Può anticiparci qualcosa sui personaggi vecchi e nuovi della saga?
«Rivedremo Bossk, un cacciatore di taglie della trilogia originale. E la relazione fra Anakin e Padme si farà via via più approfondita».
Cosa ci dice, invece, di Ahsoka? Sta diventando molto simile ad Anakin.
«Abbiamo molte idee in serbo per lei: crescendo, subirà una profonda evoluzione».
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