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Un sacco di sangue, e scopri l'armonia


di Lietta Tornabuoni


Al tramonto, in un pornolocale trucido di frontiera per camionisti e motociclisti, arriva uno strano gruppo; all'alba tutti sono vampirizzati o morti, salvo un gangster e una ragazza che se ne vanno, ciascuno per la sua strada. Dal tramonto all'alba di Robert Rodriguez, il regista de "El Mariachi", è un mix di generi (Road Movie, Gangster, Vampiri) sfrenato, accelerato, esagerato, veloce e piatto come il paesaggio che sfreccia ai finestrini. di un treno super-rapido: ed è già un poco fuori moda.

Sei anni fa, Quentin Tarantino lavorava ancora come commesso in un negozio di videocassette, aveva già scritto le sceneggiature del film che sarebbe diventato "Assassini nati" di Oliver Stone e di quello che sarebbe stato il suo primo film, "Le iene". Per via d'amicizie, (Robert Kurtzman della Knb Effects, una società produttrice di effetti speciali e truccature fuori del comune, gli affidò l'incarico di sceneggiare un proprio breve racconto, in cambio di 1500 dollari e dell'impegno a realizzare gratuitamente gli effetti speciali de "Le iene". Nel cinema nulla va mai sprecato: sei anni dopo, quel racconto è diventato "Dal tramonto all'alba", una pazzia. Protagonisti due fratelli criminali: George Clooney e Quentin Tarantino, sempre ghiotto di personaggi disgustosi, nella parte del killer idiota che uccide e violenta senza ragione, automaticamente. In fuga da ogni rappresentante dell'ordine americano, i due sequestrano una famigliola composta da Harvey Keitel, predicatore che ha da poco perduto la fede, e dai suoi figli, Juliette Lewis, Ernest Liu: a bordo del loro furgone si fanno accompagnare oltre il confine, in Messico, dove hanno appuntamento con un altro criminale nel losco bar Titty Twister, isolato nel nulla.

Il posto fragorosamente infernale, allietato da ballerine nude di lap dance, dopo un numero demoniaco della showgirl Santanico Pantemonium (è Salma Hayek, molto bella) si rivela per un covo di vampiri e di mostri, di bestialità e immortalità. In un massacro lungo quaranta minuti, succede di tutto: braccia e gambe divelte, gole recise, teste tagliate, un musicista che suona il torso d'un cadavere anzichè la chitarra, sciami di pipistrelli, la croce esorcistica formata da armi che sparano, creature del buio che esplodono e si dissolvono, bombe liquide antivampiro fatte di preservativi pieni d'acqua benedetta, stecche da biliardo usate come paletti da infiggere nel cuore dei vampiri, brandelli di pelle strappati, un repentino dibattito vampirologico nutrito di luoghi comuni, pregiudizi e film dì serie B.

Sino all'alba, alla fine di tutto, quando la macchina da presa scopre alle spalle del locale trucido un resto di architettura Maya: e si capisce che gli autori intendevano restituire la paternità della leggenda dei vampiri scippata dalla Transilvania all'esoterismo atzeco, ai suoi rituali sacrificali e al sangue, "acqua preziosa" per raggiungere l'armonia; si capisce che il film è immaginato come un viaggio nell'oltretomba dal quale soltanto due tornano, come un'esplorazione della mitologia vampiresca messicana. Troppa grazia: gli elementi più divertenti sono Juliette Lewis, bella e dannata, attrice dalle scelte sempre irragionevoli, insensate e quindi giuste; la mescolanza di effetti elettronici d'avanguardia e trucchi artigianali fatti in casa alla Mario Bava; l'amalgama di supermodernità e di citazioni anni Cinquanta. Eppure, è difficile cancellare l'impressione che questo genere di cinema demenziale, colto e insieme infantile, sconnesso e snob, abbia fatto il suo tempo e detto tutto quanto aveva da dire.






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