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Depp in serie B


di Roberto Escobar


Come fosse Edward Manidiforbici, Barnabas Collins (Johnny Depp) protende le lunghe mani e nervoso ne muove le dita irte di unghie. Bisogna capirlo. È rimato per 190 anni in una bara serrata con grosse catene e sepolta nella campagna attorno a Collinsport, da qualche parte nel Maine. Nel 1782 ce lo ha fatto rinchiudere per gelosia Angelique Bouchard (Eva Green), strega sensuale e vendicativa, dopo averlo trasformato in un vampiro. Ora una escavatrice lo ha riportato alla luce, insieme con la sua brama di sangue e con la sua voglia di riportare all’antico splendore l'ormai cadente palazzo di famiglia.

Per sua sfortuna, e per fortuna degli sceneggiatori John August e Seth Grahame-Smith, la bella Angelique è ancora nei pressi. Ispirato a una serie televisiva andata in onda negli Usa tra il 1966 e il 1971, il film di Tim Burton ne porta anche il titolo: "Dark Shadows" (Usa, 2012, 113').

E le sue ombre sono davvero scure, oltre che splendidamente fotografate. Lo sono fin dall'inizio, quando - arrivato nel Maine dall'Inghilterra - Joshua (Ivan Kaye), il padre di Barnabas, diventa ricco con la pesca, fonda una città e si fa costruire un enorme maniero similgotico. Però, nell'anno del signore 1972, niente resta di quello splendore tetro, a parte la propronipote Elizabeth (Michelle Pfeiffer), una matriarca ancora belloccia, con la giunta di una serie di altri discendenti di varia età, mostruosi quasi quanto lui. E c'è anche Vittoria (Bella Heathcote), istitutrice del piccolo David (Gully McGrath), tale e quale all'antica Josette che aveva scatenato la gelosia della strega. Quel che ne viene è prevedibile, almeno in fatto di intreccio narrativo: Collinsport è sconvolta dalle ire contrapposte di Barnabas e Angelique, rivali anche in fatto di industria ittica. Quanto al cinema inteso nel senso migliore, cioè in quello delle immagini e della loro capacità di emozionare, l'ormai ultracinquantenne autore americano mette insieme quanto per lui si può dire il minimo sindacale. Certo, nei personaggi ancora fa vivere il ricordo dei suoi cari mostri.

Barnabas è uno di loro, o è raccontato come e lo fosse. Ma gli manca il meglio: il loro equilibrio sempre mobile e precario tra una perfidia che trionfa e un fascino che spaesa. Nel suo corpo e nella sua anima di vampiro - o sia, nella recitazione di Depp e nella regia di Burton - ci sono più mestiere e spettacolo che turbamento e poesia. In platea ci si diverte, ma Edward Manidiforbici resta lontano.






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