E dal computer uscì una fata
di Maurizio Porro
Non c'è da stupirsi che, quando due quindicenni dell’Illinois, imbranati e invasati dal sesso, decidono di creare, col computer, la loro donna e, memorizzando nel cervellone anche le mani di Beethoven e il cranio di Einstein, ne esca fuori quel portento che è Kelly LeBrock, ovvero l'ex "signora in rosso".
Fata, mamma, maga, strega - ma i due teenager Gary e Wyatt la chiamano semplicemente Lisa - la donna sarà la dea ex machina- che li aiuterà a crescere e a diventare uomini. Utilizzando un weekend senza genitori, i due ragazzi ne comibineranno di tutti i colori, con la nuova signora Frankenstein: feste, orgie, sbronze. Ma soprattutto con lei, acquisteranno il rispetto dei compagni e alla fine, incontreranno il primo amore che non si scorda mai. Lisa è stata meglio dell'esame di maturità, Peccato che scompaia. O no?
La donna esplosiva (Weird science), opera terza di John Hughes, che ha già dimostrato con Sixteen candles e Breakfast club di essere esperto di cose giovanili, è un film scombinato ma per certi versi curioso. Radunando, senza molta organizzazione, ricordi di vari best seller da Wargames a Risky busuiess Hughes utilizza subito, dopo cinque minuti, la trovata che dà sapore al film, cioè la donna ideale creata dalla tecnologia di casa. Deve quindi mollare la preda fantastica e scegliere la via sentimentale, con il solito spaccato scolastico, i bulli che fanno gli scherzacci e le biondine carine e stupidine che girano solo in coppia facendo risolini.
Fin qui La donna esplosiva esplode poco, sembra di averlo già visto. Per fortuna il regista, cambiando ancora una volta modi e stile, imbocca poi la strada maestra dell'eccesso, della parodia, del grottesco quasi alla Belushi. E qui, nella terza parte il film è tutto godibile, con la riuscita scena della festa, dove tutto e possibile: che il fratello maggiore antipatico e ricattatore diventi, come nelle fiabe, un mostruoso ed enorme ranocchio (su una cui esplicita e gustosa somiglianza si può anche sorridere), che i nonni venuti a far visita, siano surgelati nell’armadio, che alcuni selvaggi in moto vadano su e giù per le scale, che un missile nucleare spunti su dal tappeto pronto a partire, Ed è soprattutto divertente il classico scontro generazionale, con i matusa che, inorridiscono scandalizzati di fronte alla spavalda Lisa è che finiscono addirittura col dimenticare che hanno un figlio.
È in questi angoli che bisogna cercare il sapore originale di un film, per molti versi senza baricentro, ma con tante piccole idee sparse qua e la. Tanto che si aspetta al varco questo Hughes, sicuramente in grado di far baldoria col cinema: e mentre in Breakfast club teneva i tempi di uno psicodramma di stile teatrale, con tutte le nevrosi in passerella, qui diventa nevrotica la cinepresa che si muove nel ritmo dello spot e fa le boccacce al buon senso, complice una sceneggiatura scritta - e si nota - fra un sabato e una domenica.
Kelly LeBrock risplende di luce propria, non importa se non ha una gamma infinita di variazioni espressive. Tipici teenager da computer e furuncolo, Anthony Michael Hall e Ian Mitchell-Smith sono bravi, anche se già di maniera. È più ironico il cattivo fratellone Bill Paxton, ovvero l'angheria di famiglia. Fuori c'è l'America; si vede poco, ma si riflette.
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