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Mistero a Genova


di Giovanna Grassi


Genova? Una città che nasconde un mistero. C'è un fantasma, che si aggira per le strade. Ma attraverso una storia con spunti «paranormali» ambientata nel capoluogo ligure il regista Michael Winterbottom fa un ritratto dell'Italia vista dagli americani e dagli inglesi di diverse generazioni. E Genova (questo il titolo del film) ha fatto discutere e conquistato la platea internazionale del Festival di Toronto.

L'autore anglosassone, classe 1961, che ha girato tanti film impegnati (tra i più recenti Un cuore grande con Angelina Jolie nei panni della vedova Pearl e Road to Guantamano) ha offerto del nostro Paese, in controluce e in modo volutamente sfumato, molti aspetti. La sua è un'Italia giovane, che canta «Per me» di Jovanotti, cucina il pesto e la pasta, nelle aule universitarie fa discutere i ragazzi dell'Europa e del Papa, dimentica il G8 per scorribande in motorino verso il mare dei nuovi adolescenti che si passano gli spinelli.

È un'Italia che insegna agli stranieri, come dice il professore Colin Firth «la gioia di vivere, al di là del conformismo, di tante situazioni e contraddizioni».

«Conformismo italiano» è una definizione che le sue due giovani figlie, nate e cresciute in America, dicono spesso nel loro trapianto in una realtà diversa.

Presentato in prima mondiale a Toronto, Genova affianca interessanti attori italiani (Margherita Romeo e Alessandro Giuggioli) ai protagonisti Firth, Catherine Keener, Willa Holland, prototipo delle ribelli teen-agers. È la storia di un professore americano, vedovo, che in fuga dal proprio dolore decide di trasferirsi a Genova con le due figlie. Ma lo spettro della moglie appare a una delle due ragazze ... Ma perché mai Winterbottom ha scelto, per la sua storia di sentimenti e assenze dolorose proprio Genova? «La città è la vera protagonista del film in tutti i suoi antichi e moderni quartieri, nell'architettura delle autostrade, dei monasteri sulle colline, delle spiagge affollate, dei vicoli pieni di ombre del centro storico. Volevo una città di confine, di antica e cosmopolita cultura, piena di fermenti, di tradizioni e rivoluzioni, di matrice cattolica, ma con molte contraddizione». Confessa: «Mi sono innamorato di Genova, del suo cielo di nuvole, della sua tramontana scura, come dicono in città. Qui il professore inglese decide di accettare, lasciando Chicago dove erano nate le sue due figlie, un incarico dopo l'incidente che ruba alla famiglia la moglie.

La figura della madre ritorna come un fantasma per Mary, la figlia piccola, e la sua ombra si fonde con i fantasmi della città, prototipo di una metropoli europea anche nelle sue lacerazioni e innesti di immigrati».

Winterbottom ha detto: «Nessuna città come Genova mi fa pensare a uno dei libri che più amo, "Moderato cantabile" di Marguerite Duras». Spiega: «Quel racconto dove tutto s'intreccia alla morte e spesso si muove sull'orlo di abissi è ambientato in una città portuale e anche nel mio film, Colin Firth, come nel libro della Duras, porta la figlie a lezioni di piano.

Il film è anche una sorta di "Viaggio in Italia" e penso allo straniamento vitale di certi personaggi di Rossellini in quel film.

Il titolo suggerirà erroneamente un suo film sul G8 ... «La politica diventa socialità nel film e si intreccia marginalmente alla vita del piccolo nucleo familiare. I ragazzi spiegano al professore un'Italia giovane che vuole sentirsi europea, «non napoletana o genovese», come dice la studentessa Rosa, che contesta duramente l'integralismo del Pontefice. È dalle atmosfere che filtra la socialità, non viceversa». Spiega ancora il regista: «Volevo realizzare un film con una forte matrice italo-europea, con ragazzi che discutono di tutto, anche se vivono con gli auricolari e cantano Jovanotti». Il ritratto degli italiani è anche folcloristico: il buon vino, la pasta, i vecchi che non vogliono lasciare le loro case di ricordi, strade sporche con topi. Ci sono Oriente e Occidente, Nord e Sud a Genova (e in Italia), nel suo misterioso centro storico, nei monasteri alti sul mare. E c'è un Paese giovane, che guarda all'Europa e cerca autentiche connessioni, scambi. Questo è il mio film più intimo, più vulnerabile».

Colin Firth, inglese amato da Hollywood, una moglie italiana e casa in Toscana, dice: «Considero Genova uno specchio dell'Italia. Spero che il film colpisca i cuori».






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