E.T., oggetto d'amore dell'anno. Un alieno
di Mariuccia Ciotta
Il mondo è visto all'altezza del ginocchio, quelle chiavi che tintinnano sinistre e il fascio delle torce elettriche illuminano un essere alto 75 cm ... È il punto di vista di un bambino, di un animale, di una pianta o di un alieno. Le stesse inquadrature dal basso che facevano svettare immensi gli alberi e le persone adulte e inquisitrici nei film di Walt Disney. Un punto di vista di per sé innocente. E dal fondo dello sguardo la macchina da presa di Steven Spielberg sbuca titubante e costringe lo spettatore, che lo voglia o no, a un'immersione nella sua memoria. È uno shock. Lo stato di estasi in cui cade il pubblico di tutto il mondo e il segreto del successo inspiegabile di E. T
Chi sostiene la forza dell'alienazione dello spettacolo sarà accontentato. Questo alieno aliena davvero. E se The thing di John Carpenter fa torcere le budella al pubblico, un ammasso di viscere (corpi, un essere umano che vibra e scintilla di umori e si trasforma nell'altro, E.T. fa di peggio. La convulsione del mutare contamina all'istante ed è accolta senza difese. Ognuno esce dal cinema felice di essere stato per un'ora e mezzo parte di un orrido pupazzo con cui ha riso e pianto, gridato "E.T. come Home", al cielo.
Il suo volto rugoso e grigio è dotato di due occhi azzurri grandi e distanti, ha un naso piccolo e scimmiesco, una bocca da tartaruga, un collo elastico e allungabile, mani adunche e filiformi. Ma il mostro fa morire le piante e guarire dal raffreddore. E se lo guardate meglio saprà evocare l'immagine disarmata dei cartoni animati. E. T. infatti ha in comune con Walt Disney tutto. Spielberg ha realizzato il film che Disney non ha mai saputo fare? Strano perché il giovane regista americano ha rubato dai celebri cartoons proprio quel tocco, difficile da riprodurre (lo staff Disney non ci è mai riuscito) che ha popolato lo schermo di personaggi amabili e inesistenti.
Anche le creature antropomorfe di Disney erano alieni, cose per bambini o per chi come Spielberg ha un immaginano "ritardato" (lo dice lui). E.T. usa un trucco in più: ha l'aria di avere 10 anni ma in realtà ne ha 100. Non fa tornare bambini (lo spettatore un po' stupido di cui parla la critica ostile al "meraviglioso spaziale" di Spielberg) ma fa godere dell'esserlo ancora. L'incontro dell'uomo - alieno - bambino che può realizzare tutti i desideri col suo potere soprannaturale non lascia mai lo schermo. E.T. trascina al riso, al pianto, all'entusiasmo senza impennate da melodramma.
Spielberg annienta la paura, che sembra ormai percorrere la coscienza cinematografica, della mutazione, dell'apocalisse, della catastrofe.
La nuova era può non avere il ghigno distruttore della Cosa di Carpenter. "L'extra-terrestre" può salvare l'America.
Il film di Spielberg è un film a "basso costo". Il pupazzo di Rambaldi riveste con le sue fibre di vetro il corpo di un nano di 34 anni, Pat Bilan. I suoi effetti speciali non meravigliano, non appaiono impossibili. Apparirà impossibile, dopo il film, credere che E.T. sia un’invenzione. Ma se il volo improvviso di una bicicletta che sovrasta le macchine della polizia e svetta sugli alberi sembrerà un trucchetto da quattro soldi, E.T. lo renderà plausibile. Un bambino non può volare, un extraterrestre (Peter Pan) si. E quando sul finale la corsa verso la nave spaziale che riporterà a casa l'alieno si innalza sopra le case per sfuggire agli uomini della Nasa, lo spettatore è ormai disposto a credere in E.T. (come il padre di Wendy crede nel piroscafo volante di Capitan Uncino).
L'impossibile-plausibile era il tocco magico di Walt Disney. Solo che milioni di persone questa volta hanno imparato a credere in un cervo o in un elefante perché si chiamano Bambi o Dumbo. L’amore del pubblico - perché E.T. più che l'uomo dell'anno, come titola il "Time", è l'oggetto d'amore dell’anno - è indirizzato a un mostro. A un essere senza età e senza sesso. Né macchina, né donna né macho.
E.T. forse assomiglia alla cosa nascosta in tutti noi: di cui non osiamo parlare, di cui proviamo vergogna. Un segreto che le convenzioni non ci permettono di svelare.
L’utopia, il sogno che una volta espresso può far volare le biciclette.
"Con tutte queste guerre nel mondo, tutti questi prodotti chimici versati nel mare, con la fame e la dittatura, si, dovremmo essere contenti di avere un E.T. tra di noi, ha detto Ariel Dorfman sul Village Voice.
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