Il mito di Faust trasformato in film horror
di Giuseppina Manin
È di questi giorni la scoperta del Cromosoma 4, responsabile di ogni nostra vecchiezza e caducità, ma ecco che intanto il dr. Fausto, medico specialista in malattie terminali, seziona cadaveri e fruga nei corpi alla ricerca della «ghiandola del Male», causa prima e ultima della dannazione dell'Uomo. Una ghiandola chiamata desiderio, motore di pulsioni lecite e illecite, che trascina in una vorticosa odissea nell'anima e nel corpo il protagonista di «Fausto 5.0», prima incursione cinematografica della Fura dels Baus, il celebre gruppo teatrale catalano specialista in un teatro provocatorio, ad alto tasso di fisicità e crudeltà.
Presentato ieri fuori concorso, il film è firmato da Isidro Ortiz, Alex Ollè, Carlos Padrissa, il primo non fa parte della compagnia, gli altri due ne sono membri "fondatori". Molto liberamente tratto dal Faust di Goethe, "Fausto 5.0" è la tappa conclusiva di un lungo viaggio della Fura nel mito dell'eroe-scienziato.
«Nel '96 - racconta Padrissa - Gérard Mortier, direttore del Festival di Salisburgo, ci propose di mettere in scena lì, nell'estate del '99, La damnation de Faust di Berlioz. Una bella sfida per noi che non avevamo mai avuto approcci con la lirica, e per lui che ben sapeva con quale pubblico conservatore aveva a che fare.
Così, avendo parecchio tempo, decidemmo di avvicinarci a Faust fin da subito. Prima con una lettura analitica dei due Faust goethiani, quindi con uno spettacolo teatrale che entrambi li comprenda, Faust 3.
Poi, è stata la volta dell'allestimento lirico, Faust 4. Infine, il numero 5, per il cinema, che tenta un equilibrio tra le due parti del personaggio, viscerale e cerebrale, e prende le distanze dalle precedenti versioni».
Faust-Fausto stavolta si muove sullo sfondo di una Barcellona irriconoscibile: i bei palazzi fasciati in bende cenciose, le strade e le mura in disfacimento, come aggredite da una peste ineluttabile, popolate da un'umanità multirazziale, con bambini feroci e vecchie laide.
Tra loro Fausto (Miguel Angel Sola) riincontra il vecchio compare di sempre, Mefistofele, ora nei panni di Santos (Eduard Fernanez), un simpatico quanto invadente ex paziente del dottore. Che, stando alla cartella clinica dovrebbe essere, come quelli che cura, morto e stramorto, e che invece ostenta una salute di ferro. Uno strano personaggio che si mette al suo servizio promettendogli di esaudire ogni suo desiderio.
«Una tentazione - fatale prosegue Padrissa - per Fausto, abituato a lottare vanamente contro la morte, trovarsi davanti, come in uno specchio, a pulsioni dimenticate, tentatrici e devastanti, crea profondi squilibri.
Riconoscere il desiderio è riconoscere la nostra parte oscura. Fare i conti con il "mostro" dentro. Il desiderio crea desiderio. Ma i sogni, messi in pratica, possono diventare incubi».
"Eyes wide shut" di Kubrick insegna. E insegna, più o meno consciamente, il "Kingdom" di Von Trier, con le sue atmosfere grottescamente horror, le sue indagini anatomico-metafisiche. Indagini che ieri sera la Fura ha proseguito "live" sulla piazza del Casinò, dove un gigantesco fantoccio bianco, alto 10 metri, è stato «squartato» in diretta dagli attori catalani, aggrappati a funi e intelaiature.
Una breve performance a corollario di un percorso in un mito che, come dice Padrissa, «è come una pastiglia effervescente, che non si dissolve mai del tutto».
Dopo Venezia la Fura tornerà al teatro. A settembre a Milano con «Obs», a dicembre debutto a Francoforte con «Erotismo e pornografia», testi di Aldo Nove, che approderà a Roma nel 2002. «Una carellata nei misteri e segreti del sesso ispirata alla "Filosofia nel boudoir" di De Sade - spiegano i "fureri" -. Uno spettacolo educativo, infatti nonostante se ne parli tanto, su quel tema le idee sono ancora limitate e confuse».
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