Gli ultimi sette giorni nella vita di Laura Palmer
di Maurizio Porro
Ora che è apparso, al festival nell'Utah di Robert Redford, Boxing Helena, della figlia di Lynch, il padre dal Cuore selvaggio rischia di perdere la propria negli eccessi e nel disgusto. Arriva con ritardo rispetto al debutto di Cannes, il secondo "Twin Peaks", Fuoco cammina con me che non è un seguito del leggendario serial tv bensì un «prequel».
Racconta l'antefatto, l'ultima settimana della studentessa non modello Laura Palmer, prima che i telespettatori la trovassero defunta in quella piccola, innevata città dell'America frontiera nord-ovest. I rituali della provincia appartengono all'amoralità della New America fatta di sesso multiplo, che fa rimpiangere le scene madri di Lana Turner e dei Peccatori di Peyton: la ragazzina (Sheryl Lee) porta gonnelline scozzesi, ma sotto esibisce guepière, pizzi e calze di seta, si fa di coca prima di entrare in classe, flirta con Bob, di ascendenze paranormali. Ma è il papà, come si sa, il grande colpevole, legato a Laura da un rapporto incestuoso, mentre la mamma fa sfoggio di nevrosi.
Il Twin Peaks 2 inizia con lo stesso Lvnch che, insieme con la comparsa David Bowie, scegliendo quasi la parodia, fa l'uomo dell’FBI (un po' sordo) alla ricerca del perché di un altro assassinio, quello di una cameriera di fast food. Ma Lynch, più che la cronaca nera, osserva i rapporti tra poliziotti federali e locali, tra padri e figli.
Finchè Laura, che tiene l'immaginetta in camera ma forse è posseduta da forze del Male, non arriva a far la star della depravazione, a stupire i borghesi con ammucchiate, sniffate e vagabondaggi notturni. Grazie a Lynch, i suoi ultimi 7 giorni saranno un vero incubo, con le coordinate cinemusicali in dolby stereo (la colonna sonora, impossibile non notarla, è di Badalamenti), gli eccessi, i vizi, gli Edipi del borgo, insomma tutta l'iper-realtà di un cinema votato alla sensazione del vortice audiovisivo, con momenti geniali e momenti cialtroni.
Da un certo punto in poi Fuoco cammina con me sceglie la scorciatoia onirica e non si preoccupa più del giallo. Comunica disagi in ordine sparso, in stile niente affatto televisivo, scala i peccati e quando arriva al vertice li corregge con ironia, per far diventare questo microcosmo di provincia l'essere o non essere della nuova coscienza del cinema americano. Che gioca con la garanzia dell'irrazionale un po' sadico delle forze infernali che tirano sempre dalla loro parte, quella delle fiamme dell’inferno. Il rischio è che, al contrario di Elephant man o Cuore selvaggio, Lynch qui sazi alla fine del primo tempo, diventi maniera, disperda anche le energie del Male in cinemascope.
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