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Mostri, avventure e Kung-fu con ironia


di Maurizio Porro


A Chinatown può succedere di tutto, avvertì qualche anno fa Roman Polanski. E oggi John Carpenter, regista che ama palleggiare con i visionari orrori del passato o del futuro, gli dà ragione, facendo convergere in "Big trouble in Little China", proiettato stanotte a "Venezia Giovani", molti generi di cinema d'azione. Si tratta infatti di un film d'avventure, un po' mistico, forse una commedia che si sposa con il kung fu, ma anche una storia di mostri e di fantasmi.

"Grosso guaio a Chinatown" (da domani sugli schermi italiani) è insomma la celebrazione e forse l'ultimo grande fuoco artificiale di quel cinema giocattolo reso tecnologicamente avanzato da Lucas e da Spielberg.

Un cinema dove deve succedere di tutto nel minor tempo possibile, dove verosimiglianza e psicologia sono due parole buttate nel cestino, e dove invece ogni riferimento al fumetto, al video, alla fantasia pop e più semplicemente ai sogni e agli incubi, non è puramente casuale.

Il nuovo film di Carpenter, dopo la parentesi fanta-intimista di "Starman" è uno scatenato flipper che si accende continuamente di luci e bagliori esotici, con tutti i misteri, le pause e le fantasmagorie delle leggende dell'antica Cina. Ma se il regista ci dà dentro con lo spettacolo, mettendo in fila tutti, ma proprio tutti, gli effetti e gli effettacci, per fortuna non si dimentica poi di confezionare il tutto con la carta dell’ironia e lo spago dell'humor: quasi come nelle vecchie commedie dove persone ordinarie si trovavano coinvolte in situazioni straordinarie.

Tutto votato alla poetica dell'incredibile (anche che sia stato girato in tre settimane e mezzo pare inverosimile), il film, per essere apprezzato, esige che il pubblico lasci in deposito al botteghino, prima di entrare, la parte di sé più adulta, e si rimetta i calzoncini corti.

Anche nei sotterranei della Chinatown di San Francisco può succedere di tutto. Provare, per credere, a seguire questo nuovo eroe, Jack Burton un bravo e ben pasciuto ragazzo che lavora col suo camion quando si trova improvvisamente coinvolto a combattere, fianco a fianco con un amico cinesino molto snodato e due ragazze senza paura, i malefici poteri del mitico Lo Pan, che da 2000 anni cerca una cinesina dagli occhi verdi. E poiché una tipa così è giusto attesa, ecco che i tre diabolici Cavalieri della Morte la rapiscono su commissione, portandola nel sottosuolo, dove arrivano i nostri, per riscattarla, e ne fanno e ne subiscono di tutti i colori, penetrando un inferno-catacomba che è come una fiera degli orrori in cui anche Indiana Jones avrebbe avuto qualche problema.

Carpenter, che fa galoppare, anche con qualche eccesso, la sua fantasia, seguendo i ritmi convulsi della colonna sonora che egli stesso ha composto, ci diverte come se cadessimo tutti vestiti in un caleidoscopio fornito di magnifici "décor" e di strabilianti effetti speciali ad opera del grande Richard Englund: mostri, boccacce, tranelli, trucchi e magie, temporali, spade, invecchiamenti e ringiovanimenti a vista, colpi di kung fu degni dell'Oscar, acrobazie da dieta punti, magnifiche visioni e orrende torture, scariche elettriche, dragoni e coltelli.

Il simpatico Kurt Russell, che si definisce un tipo dai riflessi pronti, percorre tutto l’incubo senza farsi un graffio, sempre con il rassicurante aspetto del ragazzo americano allevato ad hamburger e baseball, insieme con lo scatenato Dennis Dun, la bionda Kim Cattrall e la giovane e timidina Kate Burton, si proprio la figlia di Richard. In partecipazione straordinaria, la Cina, così come l’avete sempre sognata, falsa, colorata e distensiva come il cinema.






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