Star Wars, atto d'accusa contro il male occulto di oggi
di Tullio Kezich
"Tema dell'eroe e del traditore": rovesciando un titolo di Borges si coglie il nucleo di Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith, ultimo atto di una saga durata 28 anni. I grandi miti, e questo di George Lucas va considerato tale, evidenziano sempre qualche motivo che si respira nell’aria; e Annakin Skywalker, il cavaliere Jedi paladino del Bene che si trasforma in Lord Fener signore Male, è davvero un eroe del nostro tempo.
Chi è stato a Cannes ha potuto constatare che oggi come non mai in vari film il personaggio positivo finisce per scivolare nel Lato Oscuro della Forza. Da Match Point di Woody Allen a Caché di Haneke, da Lemming di Moll a Where the Truth Lies di Egoyan, da Manderlay di Von Trier a A History of Violence di Cronenberg è un continuo smascherare un perbenista dopo l'altro. Star Wars punta il dito sui neo mascalzoni occulti del mondo in cui viviamo, contro i quali agita il motto «Che la Forza sia con noi». Tant'è vero che nei primi tre film, girati dal '77, si esaltava la risposta positiva dei libertari Jedi prima ancora di raccontare, nei secondi tre, l'ascesa dell'imperialismo Sith.
Alla luce delle dichiarazioni anti-Bush del regista, liberi tutti di dare alla sua mitografia un segno militante. Ma Star Wars non sarebbe un film made in Usa se non lanciasse il suo messaggio nel modo più spettacolare e accattivante, vivido e fragoroso. I numeri dell'uscita parigina, mercoledì scorso, sono impressionanti: 16.457 spettatori rimasti in coda 15 ore per entrare al primo spettacolo; e tutti si sono divertiti.
Sui molti aspetti di questo fabbricone della fantasia postmoderna sta uscendo un libro dopo l'altro e l'analisi delle componenti artistiche, inclusa la strepitosa invenzione scenografico-costumistica, è destinata a proseguire. Bisogna poi rendere omaggio all’impegno degli interpreti, che hanno spesso agito senza avere di fronte gli interlocutori, rivolgendosi allo sfondo impersonale e monocromo degli effetti speciali.
Ma ciò che colpisce, in prima battuta, è che un successo planetario di tali dimensioni sia impregnato di un pessimismo apocalittico. Sui personaggi che stanno sulla scena della politica e delle istituzioni, ma anche sui tanti fra noi pronti per denaro o sete di potere a partecipare alla svendita della libertà. E se pensiamo che George Lucas ha ambientato le sue guerre stellari in una civiltà avanzatissima e scomparsa auto distruggendosi (Star Wars non lo dice, lo suggerisce), il mito come un campanello d'allarme. Come non provare un brivido di fronte alla didascalia iniziale che recita: «Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana»?
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