recensione di Fausto Galosi a "Hardware"
• In uno scenario da Medio Evo prossimo venturo del genere Mad Max, il soldato Mo acquista la testa di un vecchio cyborg, Mark 13, per regalarlo alla sua ragazza, un'artista specializzata in sculture metalliche.
Ma il robot non è morto. Si riattiva, si rigenera e cerca implacabilmente di svolgere la funzione per cui è stato progettato: distruggere qualsiasi forma vivente.
• Esordio cinematografico di un regista inglese ventiseienne proveniente dalla pubblicità e dai videoclip.
Hardware è un thriller robotico, un horror fantascientifico delirante e citazionista. Il suo referente più immediato, oltre a Terminator e Robocop, è Alien di Ridley Scott. Come Alien, Hardware è un film chiuso, claustrofobico, ossessivo, tutto giocato sull’attesa e sull'estenuata ripetizione dei climax orrorifici. Quasi interamente girato in un interno domestico stile Blade Runner, Hardware è una favola classica di ambientazione postecnologica: una versione cibernetica di La bella e la bestia.
Nonostante la relativa povertà di mezzi e l'esilità dello spunto narrativo, l'opera prima di Stanley manifesta un notevole talento visionario e un gusto insolito per le contaminazioni imprevedibili (la colonna sonora alterna brani alla Ry Cooder, esplosioni di rock duro e lo Stabat Mater di Rossini). Premiato per i migliori effetti speciali al festival di Avoriaz nel 1991, Hardware è un'allucinazione postmoderna, un vero e proprio manifesto cinematografico della filosofia cyberpunk.
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