Il maghetto, un predestinato nell'ultimo duello con il Male
di Paolo Mereghetti
Dimenticate i primi dieci minuti, dove nomi, luoghi e «magie» si accavallano con una frenesia da confondere quasi ogni spettatore (non certo i super-fan della serie, ma loro sono un discorso, e un pubblico, a parte ... ). Non cercare di scavare nella memoria per ricordare a cosa si riferisce quel nome o quel tipo di magia: sarebbe fatica sprecata. Ma appena superata questa specie di «esame» introduttivo, il capitolo finale dello scontro tra il maghetto di Hogwarts e il malvagio Voldemort si impone con la forza delle sue atmosfere e del suo ritmo.
Sempre affidato alla penna di Steve Kloves (che ha sceneggiato tutti i film della saga, con l'esclusione del quinto, Harry Potter e l'Ordine della Fenice), il film trae partito dalla maturazione del personaggio, del suo interprete (Daniel Radcliffe) e soprattutto del suo pubblico, decisamente pronto a toni più cupi e atmosfere più tenebrose, così da affrontare in maniera diretta lo scontro epocale tra Vita e Morte.
Cioè da una parte tra Harry e i suoi due fidati amici (e innamorati) Ron ed Hermione (Rupert Grint ed Emma Watson) e, dall'altra, Voldemort (Ralph Fiennes, sempre piuttosto inquietante nel suo volto senza naso) e il suo codazzo di maghi malvagi (dove spicca la scarmigliata Bellatrix Lestrange di Helena Bonham Carter), mangiamorte, ghermidori e mostruosità varie.
Come ricorderanno gli spettatori, il film precedente (che adattava solo una parte del libro conclusivo della saga, Harry Potter e i doni della morte) si chiudeva con la conquista da parte di Voldemort della bacchetta magica di sambuco. Arma micidiale e «invincibile» che però non ferma Potter deciso a contrastare ugualmente le ambizioni del Signore del male. La caccia agli ultimi «horcrux», dove Voldemort ha nascosto parte della sua anima, risulterà essere importantissima - e in questa lotta Ron e Hermione si rivelano di fondamentale aiuto - ma tutto questo non potrà evitare il faccia a faccia finale, lo scontro a viso aperto tra il paladino del Bene e il cavaliere del Male, unica possibile conclusione di un destino a cui nessuno può sottrarsi.
Spogliato di tutto quello che potrebbe sembrare superfluo, senza quelle "divagazioni" narrative che avevano costituito in fondo la specificità della saga, dalle lezioni di magia ai momenti di vita in comune (primi pruriti sessuali compresi), sparite le partite di quidditch (e il conseguente effetto videogame) ma anche la complessità di intrecci tra i vari livelli del mondo fiabesco, il film prende l'andamento di un vero e proprio assalto a Fort Apache, dove il collegio di Hogwarts e i suoi abitanti devono respingere l'attacco sempre più cruento dei «nemici» (con più di una scena dove l'eco delle invenzioni coreografiche del Signore degli Anelli torna con forza alla memoria).
Questa «spoliazione» narrativa mette maggiormente in risalto anche l'impianto filosofico (si parva licet) alla base del racconto, dove il tema della predestinazione si colora di sfumature para-religiose, con più di un debito verso l'idea protestante dell'uomo segnato dal male (in questo caso anche Harry Potter che scopriamo essere stato «contaminato» fin dalla culla dalla malvagità di Voldemort) e in qualche modo «costretto» a seguire la strada che il destino gli ha assegnato, pur senza sapere che possibilità di salvezza gli saranno attribuite. Una visione non certo ottimistica che si riverbera nelle atmosfere gotiche e in un'ambientazione sostanzialmente «infernale», dove il fuoco finisce per farla spavaldamente da padrone.
Una essenzialità che alla fine si rivela l'arma vincente del film, praticamente senza un momento di cedimento nella sua inesorabile progressione verso l'ultimo, definitivo duello di magia. E che chiude in maniera forse prevedibile ma certamente non deludente le quasi dodici ore di avventure cinematografiche. Certo, allo spettatore adulto piacerebbe sapere il perché di quello scontro infinito, cosa ha portato alla scoperta che esiste un vincitore e uno sconfitto (l'epilogo finale, «19 anni dopo», ci lascia sempre senza risposte) ma queste sono domande che un adolescente non si farebbe mai. A lui basta aver seguito per tutte quelle pagine e tutte quelle ore le avventure di un personaggio che non dimenticherà tanto facilmente. Basta così per divertirsi... e più non dimandare.
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