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Marines morti in Iraq diventano zombie e votano contro Bush


di Maurizio Porro


Anche gli zombie possono far politica: azzannano, sbranano, sanguinano, latrano, ondeggiano.

E poi, rimessa la divisa, vanno nel seggio e votano. Contro Bush. Poi cadono a terra, muoiono, era l'ultimo desiderio. È l'idea geniale che, dopo il bel sequel dei morti viventi di Romero, ha avuto Joe Dante, il regista dei Gremlins. Che nel magistrale Homecoming, uno dei 13 episodi della serie «Master of horror» girata per la cable tv Showtime, immagina niente meno che i marines morti in Iraq risorgano dalle bare coperte dalla bandiera a stelle e strisce e chiedano il diritto di voto mentre nei talk show le mamme coraggio chiedono invano perché siano stati uccisi i loro figli. Ottenuto l'ultimo desiderio, quello di votare contro i repubblicani («abbiamo visto i nostri fratelli morire per una guerra nata da una bugia»), essi vengono però ingannati: e allora arrivano i nostri. Cioè resuscitano dai cimiteri anche i caduti del Vietnam e delle altre guerre, tutti zombi barcollanti e assetati di sangue che finiranno per incidere sulle prossime elezioni.

Sarà la seconda guerra civile americana, tanto per citare un film di Dante? Fatto sta che si impossessano di Washington e il governo va in esilio.

Immaginarsi se arrivassero l'amico Tony e l'amico Silvio. È chiaro che Joe Dante considera questo suo magistrale film di 60 minuti un horror perché è pieno di repubblicani più che di morti viventi. «Ho girato con pochi soldi e in 10 giorni, ma spero di poter dare fastidio a qualcuno, il 2 dicembre va in onda. Abbiamo avuto molti periodi che hanno ispirato ottimo cinema horror, ma nessuno fa concorrenza a quello che stiamo vivendo». «In quanto a zombie», gli dà man forte John Landis, autore del Lupo mannaro americano a Londra e dei Blues brothers, che si è esercitato su una figura mitologica senza toccare Bush e situazioni italiane, inglesi e in America dimostrano che ci sono troppi morti viventi in giro. Ma questa serie è stata bella perché ha valorizzato i registi in epoca di dominio degli attori». E Dario Argento, autore di Jennifer, una bella love story al sangue in cui una sirena dal volto tumefatta porta alla rovina un poliziotto e gli mangia il gatto, rincara la dose: «Dante non avrebbe potuto fare questo film in Italia e se l'avesse anche fatto poi non avrebbe lavorato più per cinque anni, come Luttazzi, Biagi etc.».

Il Gotha della paura non fa sconti, è in piena forma ieri all'incontro collettivo per il 23mo Torino Film Festival che ha presentato sei episodi della serie in anteprima. In tutto sono 13, la Sciarada li ha presi in Italia, e nel gruppo al lavoro a Vancouver ci stanno Carpenter e Tobe Hooper, Takashi Miike, Coscarelli, Cohen e Mick Garris che ha avuto l'idea, ha dato pochi soldi ciascuno «chiedendo di valorizzare al massimo la creatività». Hanno così lavorato in piena libertà, con grande stimolo di competizione: anche se ad Argento hanno chiesto di tagliare due accenni di sesso orale al vampiro, ad altri di ridurre i morti viventi, cosette. «Soldi pochi, ma non è quello che conta - dice Argento - basti vedere i ricchissimi Gangs of New York e Aviator: ma sono film quelli? Con quell'attore che ha quella faccia di m ...», il nostro maestro fa paura anche con le parole, la platea lo incita.

Ma l'ovazione è stata tutta per gli zombi iracheni di Dante, debutto della politica attuale: «L'horror può manifestarsi in molte forme anche pervadere in modo scioccante la vita reale.

Può trattarsi dell'orrore di non essere padroni della propria vita, di sentirsi manipolati e oggi molte persone stanno sperimentando un orrore di questo genere». Ma il Gotha della paura si è riunito per caso, metti una sera a cena a Los Angeles, un brindisi e il titolo: Master of horror. Da cosa nasce cosa. Dice senza metafore Argento: "Era ora di rifare dei film horror per adulti e non solo per bambini scemi come Scream. Da parte mia io farò il terzo capitolo della mia trilogia sulle tenebre: il cinema italiano oggi è in condizioni tragiche, come tutta la cultura, ma io lo farò".






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