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Kolossal in body nero


di Lietta Tornabuoni


Un multimiliardario e la sua impenetrabile armatura volante rossa e oro sono i massimi simboli di potenza e di sicurezza in "Iron Man 2" di Jon Favreau, gli emblemi d'ogni più forte aspirazione umana. Un nemico è ancora russo, Mickey Rourke brutto e sporco con tutti i segni considerati negativi: il nome Ivan, i capelli lunghi, il corpo tutto tatuato, i denti d'oro, il ghignetto sarcastico, un talento non industriale ma artigianale, una competitività incontrollabile basata sull'intelligenza e non sui soldi. Oggetto della competizione, le armi da guerra: o meglio, robot corazzati telecomandati, capaci di sostituire i soldati in battaglia, War Machine con risparmio di esistenze e maggiore efficienza. Il multimiliardario Robert Downey, in conflitto anche con il governo americano, è fiero di sé (“Ho privatizzato la pace del mondo”) ma ha il sangue intossicato dalla troppo intima vicinanza con la sua armatura, e il congegno che lo tiene in vita lo sta anche uccidendo.

Non è detto dunque che i kolossal d'intrattenimento siano sempre insignificanti. Il simbolismo confuso del fumetto ideato nel 1963 da Stan Lee e rielaborato per i film, cristallizzato sul capitalismo e sulla supertecnologia, prevede pure altro: la globalizzazione esemplificata da avventure ambientate nel principato di Monaco e sulla pista con le auto del Grand Prix, la mitizzazione di laboratori di metalli, cristalli e raggi scintillanti in cui voci secche danno ordini bislacchi: «Avviate l'acceleratore prismatico»; l'antropomorfismo delle diverse armature in duelli oppure in devastanti scontri collettivi. Tutto questo a parte, il film non ha molti pregi: salvo naturalmente l'idea che Robert Downey possa venir considerato un supereroe e salvo Scarlett Johansson bruna e cattiva in aderentissimo body nero.






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