di Tullio Kezich

Hester Prynne, l'adultera svergognata dai puritani nella Boston del XVII secolo e costretta a portare sul petto una "A" scarlatta, è stata più volte incarnata sullo schermo prima e dopo il 1926, l'anno in cui apparve il memorabile film dello svedese Victor Sjostrom (americanizzato in Seastrom) che in Italia si intitolò La lettera rossa.

Fu l'attrice Lillian Gish (1896-1993), entusiasta lettrice del romanzo The Scarlet Letter di Nathaniel Hawthorne, a impegnare un braccio di ferro con il produttore Louis B. Mayer che non se la sentiva di rischiare boicottaggi con un intreccio scandaloso. Lillian si fece dare nomi e indirizzi delle confraternite moraliste e scrisse a tutti, spiegando che quel libro tanto vituperato era un classico; e i destinatari degli appelli, lusingati di venir personalmente sollecitati da una diva spianarono le grinte al sorriso. A quel punto, travolto dall'intraprendenza della sua scritturata, Mayer non solo accettò di procedere ma la accontentò per quanto riguardava il regista e facendo arrivare dalla Svezia per il ruolo del reverendo Dimmesdale l'attore Lars Hanson, apparso accanto alla Garbo in La saga di Gosta Berling. La parte del marito presunto morto, che ricompare all'improvviso, fu invece affidata a Henry B. Walthall, il quale (caso abbastanza raro) l'aveva già interpretata in un precedente adattamento de1 1917. Apprezzato da critica e pubblico, il bel film che ne sortì fu uno dei pochi eventi felici del periodo americano di Sjostrom, il maestro che trent'anni dopo avrebbe stupendamente interpretato per Ingmar Bergman l'anziano protagonista di Il posto delle fragole.

Nessuna delle attrici succedute a Lillian Gish ebbe un successo paragonabile al suo in questa parte difficile. Nel 1934 la bella Colleen Moore, che veniva dai western di Tom Mix sbaglia cavallo e indossando i panni di Hester in un film diretto da tale Robert G. Vignola mise fine anticipatamente alla propria carriera, il che non le impedì di vivere a lungo e sposare il quarto marito all'età di ottantatre anni.

A un mezzo disastro andò incontro anche Senta Berger, poco convinta dell'operazione e infastidita dagli intellettualismi del regista, nella versione che Wìm Wenders girò in Spagna nel 1972. Né piacque in epoca più recente Demi Moore (strana l'omonimia con Colleen) in La lettera scarlatta (1995) di Roland Joffé. Star dalla carriera altalenante, Demi aveva avuto una fase ben presto esaurita di altissime quotazioni e visibilità mediatica. Purtroppo a Joffé che con Mission vinse la Palma d'Oro a Cannes, la materia narrativa di Hawthorne non sembrò sufficiente sicché imporchettò la vicenda con un lungo prologo, assalti indiani, un processo per stregoneria e altre invenzioni fuori luogo. A conferma che quando c'è sotto un grande testo, il regista che vuol ricavarne un film fa bene a non perderlo d'occhio.

Articoli per film

Copyright © di IntercoM Science Fiction Station - (367 letture)