Una coda affonda la barca e lo scettico ci ripensa...
di Tullio Kezich
Ho sempre desiderato di poter contemplare di persona, lassù nella Scozia settentrionale, il lungo e stretto lago di Loch Ness, che si estende incassato tra le montagne come parte del canale di Caledonia per 39 km da Fort Augustus fino ai pressi della città di Inverness. Ammetto che questo desiderio ne nasconde un altro, meno confessabile: avere la fortuna di scorgere, una volta arrivato su quelle rive, il misterioso Mostro. Sorridi pure, caro lettore, di tale smania infantile: ridicola forse, ma condivisa da molti ingenui sull'arco di 1500 anni. Al 500 d.C. risale il primo avvistamento della Creatura, alla quale in tempi recenti (i giornali ne parlarono nell’ottobre '87) diede la caccia una flottiglia di 20 battelli.
Poiché è destino di chi trascorre la vita al cinema che i desideri si realizzino sullo schermo, venendo incontro alle mie brame il film le soddisfa al di là d'ogni speranza. Stavo per scrivere “al di là della decenza” perché dopo averci tenuti sulla corda nel corso della prima parte, nella seconda il regista John Henderson fa cadere i veli: la presunta realtà, svelata con l’ausilio dell'«animatronico» Jim Henson titolare del Crature Shop, si rivela parecchio inferiore alla leggenda. Una spiegazione sommaria dell'attrazione che esercita il fantomatico «Nessie» ce la fornisce il protagonista del film, il simpatico attore americano Ted Danson, quando afferma che la gente aspira a vedere l’impossibile e in certi casi si convince di averlo visto per reazione alle quotidiane frustrazioni del possibile. Anche se non viene nominato, il padre di tali ragionamenti è Carl Gustav Jung, il quale nel libro Di cose che si vedono nel cielo (1958) scrisse questo: «L'uomo inventa i dischi volanti, o la riapparizione degli animali preistorici, per darsi una speranza che esista qualcosa aldilà». I giornalisti si affrettarono a scrivere che il grande psicologo smentiva l’esistenza dei velivoli extraterrestri; ma, avverte la biografa Barbara Hannah, «Lo scetticismo di Jung andò attenuandosi man mano che venivano rese note testimonianze degne di fede».
Ci sarebbe piaciuto che il film proseguisse sul filo del rasoio tra il cinismo ostentato del ricercatore americano, deluso da una precedente spedizione alla scoperta dello Yeti, e la silenziosa devozione dei nativi al mito indimostrabile: senza distribuire ragioni e torti. Ma il cinema è uno spettacolo popolare, anche quando suscita implicazioni pensose, e in casi come questo bisogna accontentarsi del divertimento che può fornire una favola d'ordinaria amministrazione: dove Danson, dopo aver fatto naufragio nel lago sotto i colpi di una creatura non identificata, ritrova l'entusiasmo del ricercatore anche per amore dell'albergatrice Joely Richardson, madre della streghetta Kirsty Graham che, a 7 anni, la sa più lunga di tutti. Non occorre aspettare la fine per indovinare chi avrà la meglio tra lo scienziato Harris Yulin, pronto a cavalcare la sensazionale scoperta, e il meditabondo Ian Holm custode del lago e attento a non permettere che se ne turbino le impenetrabili acque.
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