Brividi prematrimoniali
di Giovanni Grazzini
Scivolone, se non proprio capitombolo, dell'ameno Gene Wilder. Che due anni fa uscì bene da La signora in rosso e ora invece, dopo un'egregia partenza, sbanda e s'ammacca per un improvviso seccarsi della vena narrativa. Non che già fin dall'inizio fosse tutta farina del suo sacco. Per fare la parodia del cinema horror ha preso le mosse da una commedia di John Willard, "The cat and the canary", che fra il '27 e il '79 almeno cinque volte è stata portata sullo schermo con Agatha Christie sullo sfondo (qualche titolo: Il castello degli spettri, Cat Creeps, Il fantasma di mezzanotte, Il gatto e il canarino ... ). E tuttavia il guasto non è qui.
È nella sceneggiatura frettolosa, che nella seconda metà manda deluse le attese spiritosamente coltivate nella prima parte del film, è nella fragilità dei personaggi, tutte minime macchiette, è nel troppo vago sviluppo dell'assunto intelligente, secondo il quale la radio è stata, è un'ottima frusta per l'immaginazione.
Il protagonista, Larry Abbot, è appunto un attore radiofonico, nella New York degli anni Trenta, specializzato in racconti del terrore.
Alla vigilia di sposarsi con la collega Vickie è colto da crisi psichiche che un medico attribuisce alla paura del matrimonio e vuol curare facendogli provare grandissimi spaventi.
Teatro delle paure sarà il castello di zia Kate, forse abitato da un licantropo, dove per festeggiare le prossime nozze di Larry sono convenuti tutti i parenti, i quali vogliono sbarazzarsi di lui, designato dalla zia come erede universale.
Preso tra i due fuochi di chi si propone soltanto di terrorizzarlo e di chi cerca di ucciderlo, il poverino rischia di perde il ben dell'intelletto nel corso d'una notte tempestosa (ma tuoni e lampi sono finti) che conta omicidi, mostri a passeggio sulle pareti, cadaveri nel letto, passaggi segreti, porte murate, ebeti poliziotti, e il sospetto che un lupo mannaro si aggiri in cantina. Larry finisce di volta in volta sepolto vivo e vittima dei fantasmi, scazzottato da un cugino e concupito da una biondona di passaggio, ma alla fine le nozze si fanno.
E qui si scopre che era stata tutta un'invenzione, un modo come un altro di trasferire in immagini comiche le situazioni da brividi del racconto radiofonico.
Benché qualche trovata faccia sorridere (la migliore è un balletto improvvisato nel bel mezzo della tremarella), Luna di miele stregata (Haunted honeymoon) non appaga sino in fondo, per le ragioni già dette, caposcarichi che hanno Gene Wilder fra i loro beniamini. Insieme alle scenografie di Terence Marsh e alla fotografia di Fred Shuler, si apprezza tuttavia la professionalità colorita degli interpreti: del lunare protagonista e d'una schiera di eccellenti caratteristi, fra i quali giganteggia in vesti ancora una volta femminili Dom De Luise.
Vickle è la sempre spigliata Gilda Radner, che da buona moglie dà la replica a Gene Wilder senza rubargli le smorfie più buffe.
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