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Se la zebra ha un dilemma esistenziale


di Tullio Kezich


Meglio vivere una vita da leone coccolato e supernutrito nel tranquillo recinto di un bioparco (quello che prima del «politicamente corretto» si chiamava zoo), o scavalcare i cancelli e fuggire verso l'avventura?

Madagascar si propone come l'illustrazione umoristica di un dilemma esistenziale che non riguarda soltanto il mondo delle favole. Più che i bambini, i quali si godono il film per altri motivi, il tema di fondo è di quelli che inducono all'identificazione i signori di mezza età. A costoro verrà istintivo riconoscersi nel gruppo dei buffi protagonisti: Alex il leone, Marty la zebra, Melman la giraffa e Gloria l'ippopotamo.

Se la vanità di pavoneggiarsi e l'esigenza soddisfatta di bistecche a volontà rappresentano per il re leone motivi sufficienti di starsene tranquillo, Marty nel mezzo del cammino della vita di una zebra, i suoi primi dieci anni, sogna di trascorrere il decennio che le resta nel suo habitat naturale. Incuriosita dalla scoperta che quattro intraprendenti pinguini stanno scavando una galleria per fuggire dalla dorata prigione di Central Park, la zebra decide di servirsene anche lei e gli amici le corrono dietro per riportarla a casa.

Ne conseguono incidenti d'ogni tipo per le vie di New York, sulla metropolitana e alla stazione dove i fuggitivi vengono riagguantati dalla polizia. Finiscono tutti, pinguini inclusi, su un battello che dovrebbe trasferirli in un lager oltremare, ma i destini prendono strade diverse.

Mentre i pinguini si impadroniscono della nave, e la dirigono verso l'agognata Antartide (che però, con quelle temperature, confermerà che ogni pellegrinaggio sentimentale è destinato a fallire), Alex e compagni caduti in mare finiscono sulle spiagge di un Madagascar che non ha niente in comune con l'isola reale di questo nome. Sulle prime l'approdo sembra il paradiso in terra, ma poi si scopre che è sconvolto dalla guerriglia fra le tribù della giungla: i miti e stupidini Lemuri di Re Julien e i feroci Predatori Fossa. I nostri novelli Robinson gridano «Help!» e vorrebbero tornare indietro, ma trovano anche il modo di godersela. Al finale provvedono i Pinguini con un tiro burlone che nella sua ambiguità evita di pronunciarsi sul dilemma se preferire la gabbia dorata della Grande Mela o la libertà a rischio del Madagascar.

A conferma del fatto che il «cartoon» americano continua a essere una fonte inesauribile di divertimento per il mondo intero, Madagascar, targato Dreamwosks, è un film di notevole successo che stando al «Box Office Report» di Variety si avvia al cospicuo incasso complessivo di mezzo milione di dollari.

Differenziandosi della maggior parte dei disegni animati, questa è prima di tutto una scintillante commedia di caratteri, scritta con estro, permeata di umorismo.

Nella chiave tecnologicamente avanzatissima dell'animazione computerizzata gli autori, Eric Darnell e Tom McGrath, tradiscono a sorpresa una tangibile nostalgia del movimento frenetico delle vecchie comiche e si ispirano anche ai rimpalli verbali della «sophisticated comedy». La qualità del dialogo e lo smalto dell'esecuzione confermano che in definitiva il film sembra rivolgersi allo spettatore maggiorenne più che ai bambini, incapaci di gustare certe finezze.

Nella versione originale, secondo un uso invalso in queste produzioni, il film è trainato dalle prestigiose voci di noti attori che hanno l'aria di divertirsi, a cominciare da Ben Stiller (il Leone), e i doppiatori italiani non sono da meno. Anche la prestazione di Ale & Franz, Michelle Hunziker è Fabio De Luigi si può prendere come smentita del luogo comune «quando ridono gli attori non ride il pubblico».






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