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Il maligno nel West


di Leonardo Autera


Fama usurpata quella che gode, presso i cultori del cinema dell’orrore e fantastico, il londinese Robert Fuest. Che i discreti risultati dei suoi due film del 1971-'72, imperniati sulla conturbante figura del "Dottor Phibes", fossero dovuti essenzialmente all'incomparabile istrionismo di Vincent Price, più qualche sofisticheria scenografica, lo dimostrano le autentiche bambocciate imbastite in seguito dal regista. Ne fanno parte Alpha Omega e questo Il maligno (The devil's rain) ugualmente girato in USA e ormai vecchio di sei anni.

Concepita sulla scia del successo di L'esorcista, la storia demoniaca del Maligno ha la sola curiosa particolarità di essere ambientata, sia pure ai giorni nostri, in una desolata landa del West. Trecent'anni prima, nello stesso luogo, un ministro di Satana in terra, Jonathan, bruciò sul rogo per il tradimento di un suo adepto che gli aveva anche sottratto un libro contenente le firme a sangue degli affiliati alla setta che avevano donato le proprie anime al diavolo.

Ora Jonathan, per vendicarsi dei discendenti del traditore e recuperare il prezioso libro, torna in vita e si stabilisce in un vicino villaggio minerario abbandonato, dove alterna le persecuzioni alla famiglia Preston (erede del registro maledetto) alla celebrazione di messe nere, contornato da una torma di zombi con le orbite vuote. Il giovane Preston ha un bel da fare per sconfiggere le potenze infernali, e vi riesce infine scatenando la "pioggia del diavolo" che scioglie i dannati riducendoli a mucchietti di cera.

La teatralità a che governa l'intero racconto naufraga continuamene nel ridicolo e nella noiosa iterazione (anche i buoni effetti speciali della conclusiva "pioggia del diavolo" sono insistiti in maniera intollerabile), trascinando penosamente con sé interpreti di buon nome quali Ernest Borgnine (il sacerdote cli Satana con buffe sopracciglia all’insù), Eddie Albert e la gloriosa e mai tanto umiliata, Ida Lupino.






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