Intrighi alla Casa Bianca con Denzel Washington
di Maurizio Porro
Nel 1962, quando uscì, maltrattato o irriso, Va e uccidi di cui The Manchurian candidate è oggi l'elettrico remake, l'America si vaccinava con la fantapolitica (7 giorni a maggio, Operazione diabolica). Anche se il film, visto da Oswald, profetizzò l'assassinio di Dallas, allora il pericolo era il comunismo, cioè un'ideologia, un valore. Oggi Demme, mantenendo lo schema ma alterando dinamiche e rapporti, spaziando dalla tragedia greca a Nashville, muta bersaglio: il pericolo sono le multinazionali, e quindi il lavaggio dei cervelli dei mass media, cioè un interesse, un plus valore, e gestito in casa. Certo che fa impressione la storia del complotto della Manchurian Global che porta alla Casa Bianca un fantoccio manovrato da una madre col super Edipo rivolto biecamente alla patria: una superlativa Meryl Streep, un superlativo Liev Schreiber. E mentre il golpe avanza con l'aiuto di microchip inseriti nel cervello, ecco quel che resta del buon yankee: al posto di Sinatra reduce dalla Corea, ecco Denzel Washington, soldato del Desert Storm, che ha paure, incubi e sospetti. Finirà per prendere la mira, antico vizio di frontiera che chiude l'americanissima tragedia con un tremendo happy end. Come Frankenheimer, neppure Demme sceglie un partito: la malattia sta nel sistema. Un film eccessivo e allucinato, macchinoso e divertente, istruttivo e macabro. Un thriller magistrale, il ritratto spaventoso di una crisi morale in cui nessuno osa dire più che domani è un altro giorno.
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