Macchina infernale destinata a sacrifici umani
di Maurizio Porro
Le locandine annunciano finalmente riunita la trinità dell'orrore: lo scrittore Stephen King, che ha alimentato negli ultimi anni il miglior cinema della paura, compreso Shining; l'iper regista americano Tobe Hooper, che ha raccontato la ferocia sommersa dell'America in film come Non aprite quella porta; e l'attore Robert Englund, «freak» leggendario nel look del terrificante uomo uncinato che appare nei sogni di Nightmare ed è qui reso disgustoso, nell'anima e nella carne, sempre dal magistrale truccatore David Miller.
A questo punto bisognerebbe, per buon peso, aggiungere nel cast il nome di Marx. Perché sotto la metafora della macchina per lavare e stirare Mangler, che inghiottisce tonnellate di bucato e uccide operai e operaie, meglio se vergini, può starci, accucciata in una sorta di straniamento terroristico brechtiano, la parabola del capitalismo infernale.
Quello, come suggerisce la nebbiosa atmosfera, di fine 800, di marca dickensiana, anche se l'ambientazione del film è contemporanea, tra i solidi campanili del New England (in realtà le riprese si sono svolte in un lugubre quartiere del Sud Africa). Immaginando che, nella macabra lavanderia del Nastro Blu, somigliante a una bolgia infernale, di sapore architettonico vittoriano, agisca indisturbato, col suo plusvalore di sangue fresco, il padrone Gartley che chiede ai suoi dipendenti un po' di sacrifici.
Anche umani, giacché l'infernale macchina (King non è nuovo alla poetica terroristica degli oggetti che si rivoltano contro) fa subito fuori nel primissimo tempo un'anziana e malferma operaia e la restituisce in hamburger. Viene chiamato a indagare un poliziotto intabarrato, Hunton, con un suo aiutante appassionato del Ramo d'oro di Frazer (ridotto a un manuale di erotica paranormale: il mostro chiede sangue di una vergine nel giorno del suo compleanno!). Insieme, battibeccando, scoprono che c’è anche un complice infernale, il frigorifero mangiabambini, e andranno a capo del tremendo affare.
Che si conclude con gran spargimento di sangue, dopo che un poveretto ci ha lasciato un braccio amputato a vista, allorché si aprirà, sotto l'insaziabile bestia di metallo (splendido design a forma di pipistrello di Tony Hooper), l’Inferno presunto e diabolico. Che non manca mai nelle premonizioni di King, che ancora una volta gioca il jolly del Maligno che sta tra di noi, nascosto nella biancheria sporca, avvertendo che la classe operaia andrà all'inferno. Assorbita la curiosità iniziale, e il buon gusto dell’incubo scenografico a vapore, con 400 litri di silicone usati per la costruzione delle vittime maciullate, The mangler, alla faccia degli ottimi trucchi, non è un film che muova particolari emozioni. Perché non porta fino in fondo l'allarmante prospettiva ideologica: Hooper è la maniera di sé stesso, svende plasma di pomodoro, ma non inietta l'ombra della vera paura dell'Ignoto, del Totem del capitalismo cannibale.
Ed Englund, che ha vinto il premio al Fantafestival, si comporta da gigione del terrore, mentre al suo fianco Ted Levine costruisce la figura più originale dell'investigatore che cita Shakespeare per trovare una risposta alle quotidiane paranormalità dell'ingiusto mondo che ci circonda.
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