I marziani, mio incubo preferito
di Giovanna Grassi
Quando era piccolo Tim Burton, il regista di «Mars Attack» (la cine-invasione di cattivissimi alieni sui nostri schermi da venerdì prossimo), faceva sempre deragliare i trenini e adorava Vincent Price. Adesso che ha 37 anni, un astronomico conto in banca e una bella fidanzata (l'attrice Lisa Marie, alla quale nel film «Ed Wood» ha assegnato il ruolo di vampira e in «Mars Attack» quello di una feroce extra terrestre doppiogiochista), Tim dice: «Ho realizzato tutti i miei incubi infantili, a cominciare da quello dell'invasione di un'America che mi sembra popolata da marziani molto più preoccupanti delle creature spaziali». «Da ragazzino - racconta -, appena potevo andavo a "meditare" nei cimiteri.
Mi portavo sempre un blocco da disegno e inventavo i miei "amici" seduto sui loculi (ricordate l'ambientazione della sua favola macabro-natalizia «Nightmare before Christmas»? ndr). A 12 anni mi iscrissi a una scuola d'arte. Le favole crudeli di Roald Dahl mi hanno aiutato sicuramente più del "sogno americano" e di tante soap opera. Non a caso ho prodotto il film "James e la pesca gigante", diretto da un mio amico tratto da un racconto di Dahl».
Vestito come un cantante rock-dark, i capelli scompigliati ad arte il regista di «Beetlejuice», di «Edward mani di forbice» e «Ed Wood» si racconta quietamente, ma la stanza, come nei suoi film, si popola di fantasie inquietanti. Dice: «Ero figlio di un giocatore di baseball di seconda serie e mia madre gestiva un negozio di souvenir per animali. La classe media della valley, sulle colline di Los Angeles, non aveva sogni e stimoli culturali e io me li comperavo nelle platee dei film di fantascienza e horror. In California non ci sono stagioni e io sognavo Natali pieni di neve e di ombre.
Il mio film preferito era "Gli invasori spaziali" di William Cameron, il mio eroe era Godzilla. Conquistai un posto al sole, ma sarebbe meglio dire all'ombra, proprio grazie alla mia capacità di disegnare: e, da allora, la mia vita è cambiata».
«Neppure tanto - interviene Lisa Marie, ex modella per Calvin Klein -, perché noi viviamo come marziani o, meglio, zingari, senza una casa, in giro per alberghi, con due cani, un gatto e cappelliere piene delle nostre cose. Abbiamo soltanto una vecchia villa gotica a un'ora da Los Angeles che un giorno, forse, restaureremo. Ma Tim dice che dobbiamo creare la casa dentro di noi».
Lisa non ha più i capelli blu, verdi e viola, che alle «prime» hollywoodiane lasciavano di stucco anche i personaggi più anticonformisti. «Tim e io siamo molto uniti - spiega lei - perché abbiamo un passato solitario in comune. Io non conosco mia madre, sono cresciuta nel più triste New Jersey, molto simile alla valley dove è nato Tim, sono stata adottata dai miei nonni paterni, che venivano dall'Est e avevano genitori zingari.
A Los Angeles viviamo nel nostro mondo di fantasia, lontani dalla pazza folla».
Aggiunge Tim: «Non ho mai voluto farmi ingabbiare. Però ho combattuto la mia battaglia per la libertà all'interno degli studios di Hollywood e del sistema, anche andandomene dalla Disney. La mia vittoria adesso è far uccidere gli americani più ipocriti da un marziano che ha il coraggio di essere libero e cattivo come un bambino solitario».
Pensieroso, il regista che fece arrabbiare il presidente Bush per la musica rap contro i poliziotti di «Batman il ritorno» osserva: «La più grande conquista della mia vita non sono stati gli incassi per i due film su "Batman", bensì l'esposizione dei miei disegni-incubi in una mostra di pittori-registi, a fianco dei dipinti di Kurosawa e di Cronenberg. Quel giorno mi sono sentito un bambino felice, uscito dalle catacombe della malinconia: ho capito di aver creato con i miei film un club ideale per gli eterni ragazzi che amano i falliti, la libertà, i marziani e donne che ti seguono con una valigia soltanto, come Lisa Marie».
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