Magico viaggio nel tempo
di Maurizio Porro
Incantevole. Non c'è altro aggettivo valido per suggerire questo 42° film di Woody Allen, nella cinquina dei suoi capolavori, in cui il suo nuovo alter ego Owen Wilson, un Redford che ha preso un pugno sul naso, diventa, dopo un prologo di cartoline da Ville Lumière, l'altro americano a Parigi.
Non tanto diverso da quello, singing and dancin' di Mìnnelli, che ricreava la pittura impressionista: qui il nostro autore, amante corrisposto della cultura europea, immagina che uno scrittore in crisi, in vacanza parigina con la promessa sposa e la reazionaria famiglia di lei dedita allo shopping e ai Tea Party, sia risucchiato alla sera, round midnight, in un'accogliente carrozza che lo riporta nei salotti, bistrò, circoli letterari della Parigi anni '20.
Così Gil, esausto del presente si butta nelle accoglienti braccia del passato e incontra in tenere notti Scott Fitzgerald e la molesta Zelda, il macho Hemingway, Salvator Dalì e Man Ray, Cole Porter che suona al piano «Let's do it», Pablo Picasso e la sua amica Adriana che farà da battistrada. Stringerà la mano a Eliot, Cocteau, Degas, poi una sera viene introdotto da Alice Toklas nel salotto di Gertrude Stein cui darà il suo manoscritto da leggere, compra sei Matisse a 500 franchi e a un Buñuel incredulo suggerisce e spiega il soggetto dell'Angelo sterminatore. Manca solo che qualcuno gli dica: buonasera, sono Proust, Marcel Proust.
Non solo: mentre i futuri suoceri disperano sulla sua sanità mentale e lo fanno indagare, Gil torna ancora più indietro da Chez Maxim, e al can can al Moulin Rouge dove conosce Toulouse Lautrec, Degas e Gauguin; se ci sarà un sequel può darsi che entrino in scena anche Balzac e Zola L'assedio della mediocrità del presente spinge Allen, attraverso uno dei tanti viaggi nel tempo del cinema, ad adorare nell'altare di ieri stereotipi di uomini di cultura senza più bisogno di attraversare lo schermo come nella Rosa purpurea del Cairo. E si ride, ci si diverte con intelligenza, come poche altre volte, pur con un sottofondo malinconico per cui tutti attendiamo che arrivi l'ora dei vampiri, anche se nella Parigi di oggi ci sono la deliziosa Léa Seydoux e Carla Bruni in Sarkozy che fa la guida del museo Rodin.
Nelle identificazioni mitiche, altro che motion capture, si distinguono Kathy (Gertrude) Bates, Marion Cotillard, Adrien Brody Dalì mentre il presente è nella banalità di Rachel McAdams e nel pedante e bravo Michael Sheen, cast perfetto al servizio di un magico ritorno al futuro. Ancora una volta, non ci resta che piangere, come dicevano Troisi e Benigni, anche dal ridere.
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