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Parigi val bene una candidatura all'Oscar


di Mariarosa Mancuso


Ventuno aspiranti, tutti qualificati, per aggiudicarsi una candidatura agli Oscar nella categoria "film di animazione" (le nomination saranno annunciate il 10 gennaio prossimo). C'è il Frankenweenie di Tim Burton, versione espansa del cortometraggio, giudicato troppo cupo e macabro, che costò all'allora giovanissimo animatore l'allontanamento dalla Disney. C'è Ribelle - The Brave, che per la prima volta nella storia Pixar ha una ragazza protagonista, fornita di arco e frecce. C'è ParaNorman, che per eroina ha una streghetta, per cacciatori di mostri due nerd (uno «vede gente morta», l'altro si abbuffa) e fa abbastanza paura per essere sconsigliato ai più piccoli.

Concorrono L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva, Madagascar 3 - Ricercati in Europa, Le 5 leggende (in sala a fine novembre con il Coniglio Pasquale, la Fatina dei denti, il Mago Sabbiolino), Ralph Spaccatutto (in sala per Natale). Gareggia La collina dei papaveri di Goro Miyazaki, figlio di Hayao, e Pirati! - Briganti da strapazzo della ditta britannica Aardman. Il piatto è ricco - quando riescono bene, sono film per spettatori dai nove ai novant'anni, esclusi gli ostinati che ancora detestano l'animazione - e tutti ci si ficcano.

In Pirati!, spettacolare enciclopedia dell'Inghilterra vittoriana comprensiva di un timido Charles Darwin indeciso sul suo futuro, avevamo già incontrato una scimmia sapiente. Lavorava come maggiordomo a casa Darwin, mentre quella di Un mostro a Parigi sta di guardia al Jardin Des Plantes: entrambe parlano con i sottotitoli, esibendo cartoncini. Lo spionaggio industriale esiste anche al cinema, come può capitare che due registi abbiano la stessa idea senza conoscersi. In tribunale la spunterebbe Bibo Bergeron: il suo film ambientato nella Parigi del primo Novecento ha una storia travagliata. La versione francese girava di festival in festival quattro anni fa; poi arrivò la versione inglese. Per il doppiaggio italiano, che non rende giustizia ai numeri musicali, sono stati arruolati Enrico Brignano, Raf e Arisa.

Nel giardino botanico non troviamo solo piante esotiche ("sequoia", sta scritto sul cartoncino della scimmia). Lo scienziato titolare traffica con pozioni magiche, che i due pasticcioni Emile e Raoul - il primo proiezionista, il secondo fattorino e a tempo perso inventore - usano a sproposito. Ingigantendo una pulce e fornendola di voce celestiale, il mostro da laboratorio terrorizza una Parigi allagata: vediamo la città nel cinegiornale d'apertura, primo dei tanti riferimenti al cinema delle origini che ricorda il più ricco Hugo Cabret di Scorsese). Il tronfio prefetto va su tutte le furie.

Per consolarsi corteggia Lucille, cantante di cabaret che gli resiste. Ma il mostro canterino e la fanciulla troveranno presto un modo di intendersi. Fanno testo Il fantasma dell'Opera e le altre storie dove la Bella ha un debole per la Bestia.

Ricordando Amelie. Bibo Bergeron (che tra i registi di Shark Tale era accreditato come Eric Bergeron) mette nel film tutto il suo amore per Parigi. Architetture, locali notturni, caffè, borsaioli con la maglia a righe, fioriste, un dirigibile per vedere la città dall'alto, ponti, scorci della Senna con i bateaux mouches, le bancarelle, la funicolare di Montmartre appena inaugurata, sono molto belli. Perfino meno cartolineschi di quelli (ripresi dal vero e non disegnati) visti nel Favoloso mondo di Amelie di Jean-Pierre Jeunet, Più leziosi e monocordi i personaggi "umani", che non puntano sulla caricatura o sulla mostruosità.






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