Inseguo la follia ma sono l'unico sano
di Maurizio Porro
È stata una super sorpresa: il film misterioso è di Werner Herzog, che diventa così il primo autore della storia in gara al Lido con due film diversi e complementari che dimostrano due personalità di regia: il cattivo tenente e My son, my son, what have ye done con Willem Dafoe e Chloe Sevigny testimoni del flash back di un fattaccio di cronaca. «Venezia non mi ha voluto in concorso per 40 anni» commenta l'autore «ora voglio provare questa avventura suggerita da Miller, che ha amato follemente tutti e due i film». Ecco la parola: follia. È una storia vera quella che racconta il film con tanto odio-amore per l'America.
Riguarda un caso di follia, tema che insegue il regista tedesco dai tempi non sospetti di Aguirre: «Ma voglio chiarire che io non mi considero folle, anzi dico che mi sembra, oggi al Lido, di essere l'unico clinicamente sano».
Così sano da vivere a L.A. tenendo conferenze ovunque e depositando il marchio di una scuola per giovani. Malato marcio invece il protagonista, un attore classico di gran bravura che una sera, dopo una replica dell'Orestea, torna a casa e uccide davvero la madre impicciona ma non degli Atridi. Insomma l'inclusive tour nel dilemma edipico con un tragitto andata ritorno Eschilo-Freud: dopo otto anni e mezzo di manicomio, eccolo ufficialmente guarito e libero. «Allora andai a trovarlo ma ebbi paura: viveva in un camper e, sotto un crocefisso, ardeva una candela».
Allora Herzog, che appunto matto non è, ha lasciato fare ai produttori, tra cui l'amico David Lynch con cui il film è nato per scommessa: non superare i 2 milioni di dollari.
Per il ruolo del killer ha scelto (e lo paragona al suo mito Kinski) il bravo Mìchael Shannon, già candidato all'Oscar per aver così ben simulato la follia in Revolutionary road.
Dopo la cura intensiva e la full immersion nell'Herzog way of life (andarono insieme per i sopralluoghi in Cina e in Perù, luoghi sacri di mitici film), dopo aver recitato con una mucca su un piede, non si preoccupa più di impazzire: «L'importante è simulare perché è difficile definire i veri confini della follia. Io faccio l'attore proprio perché non voglio vivere la normalità che rende prigionieri tutti, ma quando recito mettendo in palio il subconscio, mi sento un intermediario tra la follia della realtà e la personalità a calamita di Herzog», Vecchia questione che ripropone anche il magnifico film di Solondz (ancora libero per l'Italia!) che tratta di dolori ancestrali con humour yìddish: Neil Simon travestito da Eschilo.
Chi è il colpevole? Il maggiordomo o la folla? "A volte basta affacciarsi sui panorami di San Diego e vien subito voglia di diventare pazzo" dice Shannon con slancio. Questo film lo dimostra e lo trasmette benissimo, sturm und drang di Werner, indeciso se sia folle l'assassino o tutto il mondo, visione pop di una società che s'identifica nella casa rosa e nell'ossessione dei fenicotteri: «La domanda sull'origine e confine della follia rimane aperta» dice l'autore di Fitzcarraldo, «noi coltiviamo l'arte della ricerca anche nei confronti di noi stessi, portando pure gli attori al limite di un gran viaggio nel subconscio».
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