I (fanta) dubbi dell'anima
di Maurizio Porro
Specialista in video clip e incubi contemporanei, Mark Romanek torna 8 anni dopo One hour photo a far la voce grossa raccontandoci una classica storia di fantascienza old style, dove un potere assoluto e onnipotente ci ha già modificato l'essenza e l'esistenza ma ancora qualche illuso tenta di reagire.
Fanta genetica alla giapponese da post fine del mondo: non a caso l'autore del romanzo è l'anglo nipponico Kazuo Ishiguro, e vi si rispecchiano orrori nascosti nella campagna british dove sorge un college che ospita bambini senza passato né futuro, in realtà cloni che non conoscono le loro origini, destinati a cedere i loro organi con una serie di dolorose operazioni programmate. Previsioni di vita, bassissime. Sul piatto, serviti in una melanconica cornice di campagna alla Losey, problemi grossi, temi alti, domande senza risposta: la responsabilità della scienza, l'etica dell'uomo, la vita standard, l'impeto della creazione e l'uomo macchina.
Il dubbio è se l'anima, a queste condizioni, resista e produca comunque particelle affettive in un mondo ventoso, grigio e omologato al volere di strane insegnanti che invitano a dipingere per una misteriosa galleria. Ancora una volta il pericolo sta nell'amore senza regole, vedi l'affetto a tre che si sviluppa, da bimbi a giovinetti, tra Kathy, la voce narrante, innamorata di Tommy, fidanzato con Ruth.
Il film è combattuto tra la voglia di essere molto contemporaneo e una spinta al romanticismo retrò, tra scienza e melò, tra l'urlo finale terribile al nulla del ragazzo e le moine da college movie delle sue fidanzatine. E vengono in mente Il villaggio dei dannati e Farenheit 451, La fabbrica delle mogli e La decima vittima, tutti gli exploit delle fanta macchinazioni ai danni dell'uomo così com'è senza neppur sapere a chi deve la mutazione morale e l'assente dimensione del Tempo. E se il libro consigliava di venir letto come una love story, il film fa lo stesso forse involontariamente distribuendo melanconia in un'atmosfera rarefatta e disperata che congloba molte disillusioni di oggi, accanto a problemi reali come il traffico di organi.
Tre attori in carriera danno il meglio espressivo per farci entrare, da un pertugio angusto e triste, nei loro problemi esistenziali: sono il bravissimo Andrew Garfield (Social network e prossimo Spider-man), Carey Mulligan e Keira Knightley, che si palleggiano cose antiche come la gelosia mentre sono guardati con' sussiego da Charlotte Rampling, nei cui occhi si sublimano le delusioni di una generazione.
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