di Leonardo Autera

Presentato due anni fa al "Festival del giallo e del mistero" di Cattolica (benché avesse scarsa attinenza con la l’insegna della manifestazione) e premiato per l'interpretazione di Scott Wilson, La nona configurazione (The ninth configuration) è l'opera prima, molto originale e curiosa, di William Peter Blatty, già noto per aver fornito alcune belle sceneggiature a Blake Edwards e soprattutto per aver legato il suo nome, come soggettista e produttore, alla realizzazione di L'esorcista.

Anche per questa sua prima regia, Blatty si e rifatto a un proprio romanzo da lui stesso sceneggiato. Muovendosi in un’area che mescola il grottesco fantastico con il politico, la vicenda si colloca quasi interamente in un assurdo castello gotico, nascosto tra i pini di una foresta, che le autorità del Pentagono hanno adibito a fortezza per relegarvi una ventina di alti ufficiali dell’U.S. Army reduci dal Vietnam, più un astronauta che si rifiutò all'ultimo momento di partire per la luna. Tutti i ricoverati sono affetti da strane e inquietanti forme di pazzia, derivate da traumi che vari psichiatri tentano invano di rimuovere. Soltanto un nuovo specialista, che a sua volta ha subito nel Vietnam un tremendo choc riassorbendo in sé la violenza di un suo fratello morto in combattimento, saprà trovare, soprattutto mediante il rapporto intenso instaurato con uno dei pazienti, la forma di comunicazione con quei forsennati che pure gli costerà il sacrificio della vita.

La nona configurazione è un film molto ambizioso nel suo impegno di mettere in discussione i comuni concetti di coraggio e di eroismo inoltre non manca di vigore e di attendibilità come indagine sui più sottili meccanismi della psiche umana. Sembra nuocergli piuttosto la soluzione di tipo mistico che si affaccia all'epilogo, alquanto imbarazzante oltre che imprevedibile. Non tanto, però, se si tiene conto dell'educazione giansenistica dell'autore-regista, la quale aveva già trovato analoga espressione nell'Esorcista con il sacrificio del sacerdote per sconfiggere il male.

Abilmente costruito in toni variegati, che trascorrono dal grottesco humour iniziale che rimanda al M.A.S.H. di Altman al progressivo scatenamento di una violenza esacerbata, il film trae anche partito dall'eccentrica scenografia di Sydney Ann Kee, dal bel taglio luministico della fotografia di Gerry Fisher e dalle ottime prestazioni degli interpreti Stacy Keach, Jason Miller e il già citato Scott Wilson nel ruolo del degente più tormentato dai fantasmi interiori.

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