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di Roberto Escobar


Una volta l'anno, dalle 7 di sera alla 7 della mattina, negli Usa tutto è lecito, anche uccidere e stuprare. Lo vogliono i Nuovi Padri Fondatori, in un ipotetico prossimo futuro. Dopo un lungo periodo di decadenza, nel Paese sono tornati entusiasmo e orgoglio, seguiti da piena occupazione e benessere. Lo sfogo periodico dell'aggressività, così immagina la maggioranza degli americani, elimina i veleni della repressione, purificando e liberando le energie degli individui. E "Purge" - purificazione, liberazione, ma anche epurazione - è il titolo originale di "La notte del giudizio" (Usa e Francia, 2013, 85').

Scritto e diretto da James De Monaco, questo piccolo film racconta una distopia, un'utopia rovesciata e terribile che somiglia molto alla normalità. Normali sono James e Mary Sandin (Ethan Hawke e Lena Heady), con i loro figli Charlie (Max Burkholder) e Zoey (Adelaide Kane). E normali sono i loro vicini, amichevoli e premurosi. Normale all'inizio si direbbe anche il comportamento degli uni e degli altri in occasione della "purga" del 2022: si barricano in casa, in attesa che torni a valere la legge. Non amano gli eccessi, questi normalissimi americani, e neppure li condannano. In fondo, si dicono, ne viene il bene della nazione. Mai però si sporcherebbero le mani di sangue. Essendo moderati, se ne la lavano via ogni responsabilità, da quelle loro mani.

Eppure, nelle prime ore della purga qualcosa e anzi qualcuno irrompe nella casa dei Sandin, mettendo in pericolo la loro tranquillità e la loro indifferenza. Si tratta di un uomo insanguinato, di uno straniero senza nome (Edwin Hodge) braccato da un'orda di epuratori, ex ottimi cittadini. Che cosa faranno, i civilissimi Sandin? Lo consegneranno ai linciatori? O gli daranno rifugio, rischiando a loro volta d'essere linciati? In ogni caso, avranno modo di scoprire che una volta l'anno non si libera una aggressività generica, ma una pulsione più specifica, carica di odio consapevole.

Lo straniero senza nome è un povero, un miserabile. Contro di lui, e contro tutti quelli come lui, si volge la violenza epuratrice legittimata e fomentata dai Nuovi Padri Fondatori. Ucciderlo, e ucciderli, significa eliminare le scorie che gravano sulla società. E insieme significa rinsaldare la certezza diffusa d'avere diritto all'ordine e al benessere. Questo parrebbe suggerire la distopia di James De Monaco. E certo non solo in relazione a un ipotetico, prossimo futuro, né solo per gli Usa.






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