Dal Texas i mutanti del cybercinema
di Giuseppina Manin
Deve fare un certo effetto girare un film e poi ritrovarsi sullo schermo trasformato in disegno animato. I tratti del viso sono quelli, la somiglianza resta, ma con un essere umano che ormai non esiste più. Al suo posto una strana creatura virtuale, ricreata a colpi di matita elettronica dal computer.
Benvenuti nel cybercinema, nuova frontiera di un'arte che, sopravvissuta a tanti scossoni, dal bianco e nero al colore, dal muto al sonoro, dalla pellicola al digitale, sta mostrando una gran voglia di cambiar ancora pelle. In senso quasi letterale, visto che l'attore in carne e ossa può ora cedere il passo al suo «doppio», ricreato secondo i canoni del fumetto. Il 2006 sarà ricordato a Cannes come l'anno zero dei film mutanti.
A darne esempio ieri al Certain Regard è stato A Scanner Darkly di Richard Linklater, tratto da un romanzo di Philip K. Dick, profezia fantascientifica ma non troppo di un'America prossima ventura. Nel 2013 una droga chiamata Sostanza D. induce quanti la usano a sospettare in modo paranoico di tutto e di tutti, compresi se stessi. Si scatena così un'epidemia di delazioni incrociate funzionale al potere, che con la scusa del terrorismo, mira al controllo assoluto dei cittadini.
Protagonisti del film servito come base per l'animazione finale, interpreti di grande nome: da Keanu Reeves a Winona Ryder, da Robert Downey jr. a Woody Harrelson. Tutti impegnati in riprese no-stop su un set in Texas, imbacuccati dentro larghe tute, poi destinate a venir cancellate e sostituite dal costumista digitale. A loro volta, le facce dei divi hanno subito nella lunga fase di post produzione, il trattamento di 50 maghi del computer che, su altrettanti schermi, li hanno smaterializzati, ricomposti e colorati in puro stile strip.
«Con un budget piccolo come il nostro non avremmo potuto mai realizzare certe scene, portare i nostri eroi in luoghi fantastici e intere città dentro i nostri studi - spiega il regista -. Questo è un film nato due volte, la prima su un set, la seconda al computer». «È stata un'esperienza interessante, divertente, anche se abbiamo dovuto imparare altri ritmi di recitazione», aggiunge Keanu Reeves. Ma l'attore in questi esperimenti non rischia di sparire? «Non credo - ribatte Reeves - anzi, la trasformazione finale può mettere in risalto alcune sfumature, darci più libertà di espressione e maggior risalto a una storia, che pare fantascienza: ma è già realtà».
«Io spio, tu spii, noi spiamo. questo il succo dell'apologo di Dick e del film. Succedeva ai tempi del maccartismo, succede oggi - interviene Robert Dawney jr. -. Se non vuoi che lo stato s'intrufoli nella tua vita ti fanno passare per asociale.
Davvero micidiale la Sostanza D. Dopo 25 anni di esperienza di droghe, questo era il mio film». «Basta pensarla come qualcosa solo per bambini, l'animazione può diventare un linguaggio per adulti», conclude Linklater.
La conferma viene da altri ibridi presenti al festival. Film oltre le frontiere dei generi, che tracimano nella video art, nell'istallazione, nel cartoon. Come il danese Princess, racconto morale sul mondo del porno in forma di «manga», dove la protagonista è una bimba di 5 anni. Tema e scene affrontabili solo da una piccola attrice virtuale. Altro esempio l'elegante Azur et Asmar di Michael Ocelot, maestro di contaminazione tra animazione e teatro d'ombre.
Mentre Daft Punk's Electroma è opera contigua alle arti plastiche per raccontare l'odissea di due robot che cercano di diventare uomini. Infine, se siete amici degli animali non andate a vedere Free Jimmy cybercartone del norvegese Christopher Nielsen. Politicamente e animalescamente scorrettissimo inizia con un gruppo di ecologisti che liberano le cavie di un laboratorio. Col risultato che i gatti mangiano i topi e vengono a loro volta dilaniati dai cani ... Un massacro horror per introdurre la storia di Jimmy, elefante da circo, nutrito a pillole allucinogene per esibirlo in pista. Con buona pace di Dumbo.
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