Quel "Peter Pan" è femmina tra effetti speciali anni 20
di Leonardo Autera
"Il più grande dono offerto dal cinema agli spettatori: una pellicola che contribuirà alla felicità del mondo che merita di durare a lungo e che comunque durerà più di tutti quanti noi". Così scriveva nel 1924 il produttore Jesse Lasky al capo della Paramount, Adolph Zukor, a proposito di «Peter Pan», prima versione cinematografica del celebre romanzo dell'inglese James Barrie e uno dei più strabilianti successi popolari anche oltre l'epoca del muto, conseguiti dalla major di Hollywood.
Quanto il film di Herbert Brenon abbia conservato il suo fascino, pur senza pretendere le vette dell'arte, lo si è visto l'altra sera, all'apertura della quindicesima edizione delle «Giornate del cinema muto», dall'accoglienza entusiastica dei 1200 spettatori che gremivano il Teatro Verdi di Pordenone.
In una copia perfettamente restaurata con la collaborazione della Walt Disney Company e accompagnata dal vivo dalla Flower City Society Orchestra di Rochester (New York) che ha eseguito, in perfetto sincronismo con le immagini e senza mai prevaricarle, una partitura originale del direttore Phil Carli, la proiezione di «Peter Pan» ha ricreato i climi delle grandi «prime» di un'epoca lontana.
L'aspetto più ammirevole del film, il più possibile fedele alla lettera e allo spirito del testo di Barrie, è la sua qualità tecnica, dai bellissimi chiaroscuri della fotografia di James Wong Howe ("Non è un film, ma un capolavoro di arte figurativa", scrisse a suo tempo il critico del New York Times), alla dovizia di effetti speciali, sbalorditivi nel globo di luce danzante di Campanellino e nelle scene in miniatura.
I personaggi della favola, umani e no, ci sono tutti, da Wendy e i suoi fratellini, al terribile Capitan Uncino, agli alleati della banda di Peter (le sirene, il leone e il coccodrillo della «terra che non c'è»), al tenero cane Nana di Casa Darling (impersonato da un attore) che ha strappato le risate del pubblico. E con una bella intuizione il protagonista, Peter Pan, è interpretato da una diciassettenne, Betty Bronson, scelta mediante un concorso e che subito si impose per la sua fresca grazia e la sua energia.
Nelle prime tappe del festival, la cui sezione principale e appunto dedicata alla riscoperta del regista Brenon attraverso una quindicina dei suoi film degli anni 10 e 20 fino a oggi sopravvissuti e restaurati, la Bronson è riapparsa come giovane star tutto pepe di "A kiss for Cinderella" (1925). Ugualmente derivata da un testo teatrale di Barrie, la commedia sentimentale si anima nella parte centrale quando la protagonista sogna di trovarsi nei panni fatati di Cenerentola alla corte del principe.
Ma anche altre star, tra le più famose della Hollywood ruggente, da Pola Negri a Clara Bau (la sex symbol del muto), da Nita Naldi a Lon Chaney e Ronald Colmano rivivono, sotto l'esperta direzione di Brenon, sullo schermo delle Giornate di Pordenone.
Tra le curiosità, anche il debutto cinematografico della mitica Louise Brooks, maschietta appena arrivata dalle Ziegfeld Follies, nel film del '25 "The street of forgotten man".
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