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Orridi scherzi dell'aldilà


di Maurizio Porro


La mano di Steven Spielberg si vede: quando c'è, ma soprattutto quando non c'è, come ben dimostra la differenza tra il primo Poltergeist di quattro anni fa - di cui era produttore - e questo Poltergeist II - L'altra dimensione (Poltergeist II - The other side), che porta la firma abbastanza svogliata dell'inglese Brian Gibson, naturalmente di curriculum televisivo ma già autore di "Breaking glass".

In realtà la vera direzione del film è affidata agli effetti speciali, obbedienti al controllo di Richard Edlund, vincitore di quattro Oscar, e responsabile di tutte le fantasie collettive del cinema di questi ultimi anni, da "Guerre stellari" a "Indiana Jones" a "Ghostbusters". Non c'è dubbio, tecnicamente parlando, tanto di cappello: gli scheletri appaiono al momento giusto, i vermoni orrendi, viscidi e giganti vengono vomitati al momento giusto, l'apparecchio-macchinetta per i denti che si trasforma in una trappola di strangolamento mortale, anche questo accade in orario.

Ma l'impressione, alla fine, è di essere saliti su un'auto lussuosa e ricchissima che però non parte mai. In altre parole, come giustamente ha scritto un collega americano, è inutile che la famigliola del film, i Freeling, continui a scappare, perché si ritroverà inevitabilmente e sempre nello stesso copione. Ci sarà sempre una casa costruita sopra un cimitero.

Accolto da un successo di pubblico che dopo gli Usa rimbalzerà anche da noi questo ennesimo "numero due" inizia proprio dove iniziava il primo: tanto che alcune battute ironiche non si colgono se non si ha buona memoria. Test: perché papi Freeling non vuole comprare la tv? Perché dalla tv, nel primo, uscivano le creature maligne. E perché queste quattro personcine, tanto a modo e tanto americane negli usi, costumi e consumi, si sono trasferite da Cuesta Verde nella casa della vecchia nonna? Perché il primitivo domicilio è stato risucchiato dagli spiriti e, con qualche ragione, ora l'assicurazione non vuol pagare.

Comunque, andiamo con ordine. È proprio la nonna (intensa apparizione, quasi da poltergeist, di Geraldine Fitzgerald), ad accorgersi, poco prima di morire, che la nipotina Carol Anne ha facoltà paranormali. La povera bambina (Heather O'Rourke, con quattro anni di malizia femminile in più), già rapita nel primo film, è ancora la vittima designata del Maligno, che si incarna in un predicatore di nero vestito, responsabile cent'anni prima della morte della sua setta. La famiglia unita (perché questo è il punto e la ragione del film: se starete insieme non vi potrà accadere nulla di male) resiste e combatte, aiutata da una specie di santone indiano che la sa lunga e fa da "colf" sui fatti paranormali (Will Simpson, quello del Cuculo), e dalla medium esorcista nana che già li aveva una volta salvati.

Dopo aver sopportato di tutto, e sempre resistendo senza la tv, i Freeling, bersaglio di orrendi scherzi anche telefonici dall'al di la, devono sottostare alla sfida finale: passare nella grotta sotterranea dei morti, dove finalmente il Reverendo rapirà moglie e figlia per poi restituirle in un mistico tripudio di effetti speciali, con la nonna che riappare vestita da Madonna (non la cantante) e la famigliola che si abbraccia sorridendo nello spazio, stanca ma felice, come forse scriverà la bambina l'indomani a scuola.

Dovremmo star tranquilli, stavolta gli spiriti sono k.o.

Ma non si sa mai. La prima parte è sorretta da un discreto ritmo coinvolgente e le apparizioni del Perfido, cui Julian Beck, per l'ultima volta, dà un ghigno agghiacciante, da "living cinema", sono da ricordare. Poi, morta la nonna, come sempre, il troppo storpia: e, nonostante gli effetti specialissimi e qualche trovata ingegnosa, il finale è di un barocchismo (per elisione leggi pure baracconata) che ci fa fare indigestione, e l'apoteosi della famiglia. fatta con questo tono minaccioso, induce, per reazione, a sperare nel divorzio obbligatorio. Fra uno spavento e l'altro, Jobeth Williams, che molto sussulta nel ruolo della mamma, dimostra di essere una delle migliori attrici americane del momento, mentre il papà Craig T. Nelson è anonimo quanto il personaggio richiede: forse c'è ma non batte mai un colpo.






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