di Tullio Kezich

Un gruppo di ragazze in fiore assiste a un film di paura consumando popcorn e ridacchiando, ma come cavarsela quando anche la vita diventa un horror? Questo il senso di Prigione di vetro, dove morti entrambi i genitori in un incidente di macchina, una vispa sedicenne e il fratellino petulante finiscono affidati a una coppi di amici di famiglia. Trasferiti a forza da Encino a Malibu (l'alternativa sarebbe venire affidati allo stato), gli orfani scoprono che il loro soggiorno nella villa isolata e supermoderna non sarà tutto rosa e fiori: e che qualcuno potrebbe tentare di strangolarli con la dolcezza.

Dapprima sembra che l'attraente ninfetta dovrà semplicemente guardarsi dalle eccessive attenzioni del padrone di casa, stanco della moglie drogata, ma poi viene fuori ben altro. Anche perché c'è in ballo un’eredità di quattro milioni di dollari.

Opera prima di un regista già scaltritosi in televisione, Danel Sackheim, The Glass House è un discreto thriller che nella prima parte risulta inquietante e ambiguo al punto giusto.

Vogliamo chiederci come l’avrebbe girato Hitchcock? Avrebbe preteso dallo sceneggiatore Wesley Strick un copione più plausibile. Ci avrebbe messo meno immagini omogeneizzate di vita scolastica giovanile. Via gli incubi onirici e il fantasma della madre, via il personaggi di servizio dello zio buono, più chiare le motivazioni dell’avvocato e di conseguenza più rilievo a un bravo attore come Bruce Dern. E infine un supplemento di misura quando nelle scene arrivano i killer, l’horror va fuori dalle righe e li film rischia di capitombolare come la macchina che precipita dalla scogliera. Però Leelee Sobieski si rivela già un'interprete attraente e sensibile: e lo svedese Srellan Skarsgard, cattivo non privo di un suo fascino, si conferma un positivo acquisto.

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