I segreti di "Psycho", capolavoro della paura
di Tullio Kezich
Prima di diventare un classico assoluto del cinema di paura, Psycho (in offerta da domani in videocassetta con il Corriere a soli 3,50 euro più il costo del quotidiano) fu un affare concepito a tavolino. Nel 1960, studiando il modo di affrontare un periodo di crisi del cinema, Alfred Hitchcock pensò di trasferire a Hollywood il modello degli horror britannici targati Hammer Films, che costavano pochissimo e rendevano molto.
Preso al volo un romanzetto di Robert Bloch, del quale gli era piaciuta la situazione di una donna uccisa a coltellate sotto la doccia, decise di girarlo come un episodio della sua fortunata serie tv, solo dilatandolo un poco. Scelse quindi il bianco e nero (anche per non infastidire il pubblico con troppo sangue, che venne sostituito con cioccolata liquida), si premurò di utilizzare per la scenografia alcune vecchie costruzioni dello studio (la torre del Motel si era già vista in Harvey) e mise insieme un cast da quattro soldi. Con l'eccezione di Janet Leigh perché gli pareva che una star morta ammazzata quasi subito avrebbe stimolato il fattore sorpresa; e approfittando di un vecchio contratto che obbligava l'emergente Anthony Perkins a fare un film con la Paramount.
Va detto che lo stupendo ruolo di Norman Bates ebbe un duplice effetto contrastante sulla carriera del giovane attore: da un lato lo rese popolare in tutto il mondo, dall'altro lo legò a un personaggio che fu indotto a riprendere sull'arco di oltre trent'anni nei successivi numeri della serie, sempre più scadenti. E ricordiamo a questo punto che, al di là di innumerevoli imitazioni, Psycho fu rifatto nel 1999 da Gus van Sant (nel cast Vince Vaughn, Anne Heche, Julianne Moore) con un rispetto giudicato dalla critica addirittura eccessivo.
Tornando al 1960, Hitchcock produsse il film con 800 mila dollari di tasca propria e fece il miglior affare della sua vita. Fu calcolato che dallo sfruttamento mondiale della pellicola guadagnò almeno cinque milioni di dollari; e lui lo raccontava, ironizzando sul fatto che a un certo punto della lavorazione, in un soprassalto di sfiducia, aveva addirittura pensato di ridurre la faccenda a un telefilm.
Psycho fu girato in assoluta segretezza, sul soggetto filtrarono due righe: un'impiegata fugge con dei soldi e si ferma per la notte in un motel. Niente anticipazioni durante le riprese, niente visite sul set.
Il regista girò la maggior parte delle scene con la velocità dei suoi prodotti televisivi, ma per i 45 secondi del delitto impiegò un'intera settimana utilizzando uno storyboad del grande grafico Saul Bass e due controfigure nude di Janet Leigh, che mantenne sotto la doccia lo stretto necessario.
Nonostante la cura posta nel non fare vedere il coltello che penetra nella carne, il massacro della malcapitata produsse un impressione enorme, tanto che i censori del Regno Unito vollero che le 17 coltellate fossero ridotte a 3. Ci fu chi reagì male. E il critico di Picturegoer scrisse: «Ho appena visto uno dei più abbietti e disgustosi film mai fatti».
Scarsa anche l'accoglienza sul fronte dei premi: quattro nomination, nessun Oscar. Ma il pubblico decretò un trionfo tale che l'autore, curioso di saperne il motivo, pensò di avviare un’indagine demoscopica. La Stanford University fu pronta a comunicare il prezzo dell'operazione, 75 mila dollari, e allora Hitchcock disdisse l'ordine dicendo: "Sono curioso ma non fino a quel punto".
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