di Tullio Kezich

«Vergognati!» mi ha rimproverato la persona che mi stava accanto alla proiezione; e forse giustamente: infatti si era accorta che me la ridevo. E non in chiave di presa in giro, ma come chi pur facendo il mestiere del critico ha conservato al cinema quel tanto di infantilismo che consente di spassarsela ai duelli, alle esibizioni muscolari, alle galoppate e ai cascatoni.

Sia chiaro che non pretendo di paragonare il regista Chuck Russell a George Lucas o altri maestri dell'avventura, né considero il suo film un modello di originalità. A scuola ci insegnavano che il telefono fu inventato dall'italiano Meucci e poi copiato da Alexander Graham Beli. Allo stesso modo potremmo dire che l'epopea dei forzuti la inaugurò l'italiano Pietro Francisci con Le fatiche di Ercole (1957), diffuso e copiato in tutto il mondo; o addirittura, andando indietro nella storia della Settima Arte che Maciste fu una creazione di Giovanni Pastrone in Cabiria (1914). Questi sono i riferimenti rinvenibili nell'araldica di The Scorpion King, che include ovviamente anche precedenti americani quali Il ladro di Bagdad e Conan. Dwayne Johnson detto The Rock è un «abbottato» trentenne, oriundo hawayano e lottatore di terza generazione, che ha suscitato la curiosità dei minorenni con un'apparizione nel secondo episodio di La mummia, tanto da indurre la Universal a fabbricargli un «prequel» ambientato migliaia di anni prima. Partendo come «bountykiller» e approdando alla dignità di vendicatore, la «Roccia» si batte contro il cattivissimo Steven Brand signore di Gomorra, suo rivale anche nel possesso carnale della strega veggente Kelly Hu.

È impossibile (e inutile) raccontare ciò che succede in Il Re Scorpione, salutato da vasti consensi sul mercato americano fonte inesauribile di videogiochi, libretti, pupazze e altra mercanzia. Siamo dalle parti del divertimento per ragazzi e della violenza esuberante e asettica: a differenza che in altri prodotti hollywoodiani, sullo schermo non cola una sola goccia di sangue.

E The Rock, pur non essendo Laurence Olivier, non è peggio di com'era agli esordi Arnold Schwarzenegger.

Pur nel dileggio pressoché universale che ha accolto il film sul fronte della critica seria, di Dwayne Johnson si prevede che avrà un futuro.

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