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A zig zag nel tempo


di Maurizio Porro


Si può fare un film di fantascienza all'incontrario, che guarda al passato con gli strumenti del futuro? E si può riuscire a dargli l'aspetto di una intelligente, divertente e piacevole favola moderna, dove ogni tasto batte al punto giusto, provocando una gamma di reazioni, in modo da stimolare, ex aequo, ogni corda dei sentimenti? Ritorno al futuro (Back to the future) risponde di sì, che si puo: questo film di Robert Zemeckis - campione assoluto di incassi in USA, dove ha superato anche Rambo II, non si imparenta infatti ai soliti costosi e asettici giocattoloni di fantascienza ormai un po’ troppo consunti dall'uso e dalle promozioni. È una deliziosa, incantevole commedia che, andando a zig zag nella società americana dagli anni '50 a oggi, e scavalcando quindi tutte le convenzioni di spazio e di tempo, grazie a quella famosa "macchina" inventata da Wells, ci ragguaglia sui cambiamenti del costume, rivaluta alcune istituzioni date per disperse (perfino la famiglia ... ) e ironizza con tatto e humour sugli incastri generazionali.

Siamo convinti che alla base di un film riuscito c'è sempre una sceneggiatura di ferro: e qui lo stesso regista (che è quello della Pietra verde, vecchio, allievo di Spielberg), insieme con Bob Gale, ha davvero scritto un copione coi fiocchi, geometricamente esatto nei risultati che si propone di ottenere, mai troppo innocente e mai troppo irriverente, un congegno insomma pressoché perfetto. Ma stavolta il computer ha un'anima: e qui stà, a mio parere, il segreto del successo, giacché l'anima va anche lei indietro nel gusto, tanto da assomigliare, molto teneramente, a Frank Capra.

Forza, ragazzi, andate dunque tutti a controllare gli altarini dei vostri genitori nel "Come eravamo" del 1955, in America. Accade infatti una notte che il diciassettenne Marty Fly, studente in. California, tipo da cotta continua, amante delle ragazze e delle stramberie tecnologiche. accetti l’invito dello strambo dottor Brown (uno scienziato matto che non ha nulla da invidiare a Archimede Pitagorico), e si accomodi sulla macchina del tempo.

Destinazione il 5 novembre del 1955, trent’anni di flash back.

Com’era diversa l’America, e com’erano diversi gli americani. I giubbotti e gli slip firmati erano solo sogni perversi, il rock and roll non aveva ancora creato giovinastri, la televisione era appena entrata nei tinelli e Ronald Reagan stava sui cartelloni dei film western, magari con Barbara Stanwyck, Marty conoscere mamma e papà, anzi coloro che lo sarebbero diventati, anche se uno scherzetto del destino rischia di mandare a monte tutto e di confondere le carta perché Marty si sostituisce al padre timido e infingardo, vittima dei teppisti del luogo e la madre si innamora perdutamente di lui, cioè di colui che sarebbe diventato suo figlio. Il ragazzo si confida allora con Brown, che era già abbastanza matto. Il primo impulso è di non dargli retta, come si fa a credere a un tipo che sostiene di arrivare diritto dal 1985 e di aver visto Reagan presidente degli Stati Uniti?

Non sarà facile dare gli spintoni giusti al destino, ma Marty rischia di non nascere, di scomparire (diventerebbe il padre di se stesso se la mamma lo sposasse, sarebbe carino vedere le partecipazioni di matrimonio) e perciò ce la mette tutta per far sì che la mamma si innamori proprio del suo papà, per menar botte ai prepotenti, per obbligare la storia a ripetersi. Come tornare però ai giorni nostri? La macchina fatata (e fatale) non ha più plutonio, è in secca.

Meno male che Marty conosce un mitico temporale e un provvidenziale fulmine: rovineranno il campanile, va bene, ma gli daranno una spinta lunga 30 anni.

Il regista Zemeckis - ma lo zampino infallibile di Spielberg, qui produttore, c'è e si vede - ci ha raccontato così, per caso, una storia non casuale, mostrandoci la fotografia di due momenti, del costume, utilizzando la giusta dose di suspense ma facendoci fare anche sonore risate.

Ritorno al futuro è la conferma di un senso dello spettacolo totale, che non concede noia neanche per un attimo, ti coinvolge, ti rende subito amico di tutti. È vero, come hanno scritto, che si tratta della più straordinaria commistione tra le teorie della relatività di Einstein e il complesso di Edipo. Il film infatti corre furbissimo e divertentissimo su questi due binari, senza farsi intenerire troppo dalla nostalgia e senza farsi violentare dagli effetti speciali, che sono del resto pregevolissimi, ma non la fanno da protagonisti. Perchè, ribaltando le convenzioni, scopriamo che è sempre l'uomo il centro del motore: anche di quello della macchina del tempo.

Michael J. Fox, divo di telefilm, è l'attore giusto al momento giusto: ha una immediata carica di simpatia, e quando si offre con un irresistibile assolo di chitarra rock al ritmo di "Johnny B. Good" è impagabile. E cosi tutti gli altri impegnati a invecchiare e ringiovanire a vista d’occhio: Cristopher Lloyd che caratterizza comicamente il pazzo, Lea Thompson, Crispin Glover, Thomas F. Wilson. Ci fanno, per un attimo, sperare che sia possibile cambiare anche il mondo, magari rendendolo più sereno per due ore.






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