S1mOne, una lezione sul potere di Hollywood
di Maurizio Porro
È il weekend del virtuale. Da una parte la brava e simpatica Sabina Guzzanti che denuncia in un brutto film, Bimba, la volgarità del nostro vigente divismo tv; dall'altra Andrew Niccol, sceneggiatore di Truman Show che racconta in Simone come un regista in crisi s'inventi una diva bellissima fatta elettronicamente di pixel, pronta a conquistare quei creduloni dei mass media soprattutto perché irraggiungibile e misteriosa, invisibile prigioniera.
Finché Pacino, il suo tormentato Pigmalione, dopo aver allestito una love story, non sa più che fare, la uccide: andrà nei guai anche se non esiste, potenza del legittimo sospetto. La conclusione? «Creare il falso supera la capacità di scoprirlo».
Il film, più intelligente che coinvolgente, più programmato che analizzato, ha molti livelli di lettura: una lezione sul potere di Hollywood, una variazione sul bruto e la bella che parla al computer (ma coi rimandi si arriva fino a Frankenstein, dato che la divina mescola il dna della Bacall, della Streep e Audrey Hepburn), una postilla sull'assassinio del divismo e la diva digitale che esiste solo nella mente di chi guarda: ma la modella Rachel Roberts, nonostante le bugie promozionali, esiste. Ed è anche un allarme sul cinema che crea il falso e oggi gioca solo con gli effetti speciali, ribaltando la prospettiva del film con Jim Carrey: là una persona vera in un universo artefatto, qui una cyberdiva in un mondo reale. Sostenuto dal peso divistico di Pacino e dall'intuizione dello script, Simone parte al galoppo, poi si siede si ripete, non trova un exploit per finire in gloria l'allarmato presagio.
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