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Summit satanico nel segno dell'Anticristo


di Maurizio Porro


Tornato all'horror indipendente e a basso prezzo dopo gli scarsi esiti commerciali di "Colpo grosso a Chinatown", John Carpenter ritrova ora in "Il signore del Male" un bel po’ di quel suo talento originale e originario - ogni riferimento a «Distretto 13 le brigate della morte» non sembra essere casuale - che si esplica in un ritmo claustrofobico e carico di tensione, dove con un colpo di mano il regista ti alza dal reale al surreale senza che nemmeno l'inconscio se ne accorga.

Al centro della vicenda, che si nutre della straordinaria inverosimiglianza necessaria al genere, c'è un summit di religiosi, scienziati e esperti di antiche umanità che si trovano in una vecchia chiesa sconsacrata di Los Angeles a esaminare i misteriosi manoscritti in copto lasciati da una sconosciuta setta. I nostri moderni esperti, compreso un negro e un cinese, scoprono così che Satana, quello doc, è in arrivo con un ritardo di milioni di anni e che un sogno collettivo e premonitore li sta avvertendo dal futuro di quello che accadrà.

Una scatola di metallo, un liquido verde fosforescente che vampirizza chi ne viene a contatto concedendo poteri telecinetici, congressi di vermi e altre schifezze alle finestre, cripte barocche abbandonate e squallidi corridoi dove un poco alla volta, suonando le trombe dell'Anticristo, i partecipanti all'incontro incontrano morti violente, assumono aspetti da zombie e infine incontrano forse il potere di un'altra dimensione. E fuori, come se non bastasse, barbari barboni assassini pronti a emulare il signore delle tenebre.

Il regista, già decorato in questi anni per molti spaventi e qualche sociologica premonizione stilata nella violenza nostra contemporanea ("1997 fuga da New York"), e che qui si cela, in veste di sceneggiatore, sotto lo pseudonimo fantascientifico di Martin Quatermass, ha fatto le sue cose di terrore in grande, anche se con un budget limitato, ritrovando il duro impasto narrativo degli esordi, valorizzato dalla fotografia splendidamente impastata e di serie B di Gary B. Kibbe.

Senza badare a spese psicologiche - Carpenter assicura che tutti i principi di matematica e fisica presenti nel film sono veri - e mettendo insieme un piccolo campionario di finte sicurezze scientifiche, qualche tontolone incredulo fino all'ultimo e perfino una nascente love story, "Il Signore del Male" trae gran parte del suo fascino dalla contrapposizione tra l'era moderna e le antiche ammonizioni, segno ulteriore che, specie in America, oggi può succedere di tutto per quanto riguarda la religione, il misticismo coatto e le profanazioni estremistiche delle sette di culto.

Manovrando i personaggi in un fluido montaggio, suggerendo le emozioni e lasciando il classico finale aperto che scontenta cameriere e militari, Carpenter ha allestito, un una bella confusione spirituale, uno spettacolo di paura che si inietta sotto la pelle, con nevrosi quotidiane che lasciano il posto a quelle antiche. Abbiamo comunque, ora, la sicurezza che il Male non è una entità spirituale, che ci portiamo dietro, come ci avevano fatto credere questi duemila anni, ma ben di più, e di più terribile. Lo dimostrano gli occhi spaventati di Donald Pleasance, che guida in tonaca questo gruppo in cui pochi salveranno la pelle.

Sia dato il giusto spazio ai trucchi e agli effetti speciali, con vermi perfettamente addestrati, mentre la mano dell'Anticristo è stata creata da Frank Carrirosa, e le musiche, strumento integrante e ossessivo, sono dello stesso Carpenter. autore totale e in stato di rimonta. Un certo sorriso, sino alla fine del primo tempo, lo offre Lisa Blount.






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