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Incontri ravvicinati con vampiri spaziali


di Leonardo Autera


Gran sagra dell'orrido, dell'allucinante e degli effetti speciali. Ormai non vi sono confini per uno specialista dell'horror come Tobe Hooper, che da una decina d'anni (da Non aprite quella porta a Quel motel vicino alla palude, da Il tunnel dell'orrore a Poltergeist) va coltivando il suo filone con un crescendo delirante e parossistico. Il massimo dell'eccesso, col pericolo dell'assuefazione, lo raggiunge con questo Space vampires (titolo «italiano» dell'originale "Lifeforce") mescolando spaventi senza discrezione alla fantascienza e al catastrofico. Tra l'altro coi suoi tristissimi presagi a breve scadenza, è anche un film del malaugurio.

Siamo infatti nell'agosto prossimo venturo del 1986 allorché una missione spaziale anglo-americana, avvicinandosi alla cometa di Halley per una migliore osservazione, scopre, seminascosto nella coda del corpo celeste, un mastodontico oggetto misterioso della lunghezza di 250 km. Abbordata la strana astronave, l'equipaggio della navetta rinviene al suo interno migliaia di pipistrelli giganti mummificati e i corpi nudi di due uomini e di una bellissima donna perfettamente conservati dentro strutture di cristallo.

Per dirla in breve, questi umanoidi, trasferiti avventurosamente sulla Terra, si manifestano come terribili vampiri che, per rinascere, assorbono il fluido vitale di tutti coloro che vengono alla loro portata, fino a disseccarli e a trasformarli in orridi «morti viventi». I quali, a loro volta, trasmettono con reazione a catena la spaventosa "peste galattica" tanto da ridurre a zombi l’intera popolazione di Londra.

Trascurando non pochi dettagli, riguardanti soprattutto gli strabilianti poteri della "vampiressa", vera conduttrice della catastrofica impresa, l'aspetto più curioso del film è a sfacciata disinvoltura con cui il regista - e per lui gli sceneggiatori Dan O'Bannon (non a caso realizzatore in proprio del recente Ritorno dei morti viventi) e Dan Jakoby - ha concentrato nel calderone, fino al saccheggio vero e proprio, materia e motivi tolti di peso da 2001: Odissea nello spazio, da Alien, da L'invasione degli ultracorpi, dal Dracula di Fisher (citato pari pari nella scena della cripta) e, naturalmente, da La notte dei morti viventi di Romero. Magari lo ha fatto con qualche strizzatina d'occhio ai fedelissimi dell'horror e del fantastico; ma con una sovrabbondanza e una dispersività al limite del ridicolo e del demenziale.

Per giunta, Hooper mette di suo una buona dose di erotismo macabro con l'apporto rilevante della fascinosa Mathilda May (deambulante nuda per meglio irretire e consumare i malcapitati terrestri), mentre il tripudio di orrorifici effetti speciali, in gran parte rifatti sui risucchi luminosi e multicolori di Poltergeist, si deve all'ingegnosa orchestrazione di John Dykstra. Ma ci sarà ancora qualcuno, dopo tanta inflazione, in grado di stupirsene?






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