Sexy mostro in cerca di vittime
di Maurizio Porro
Giochi pericolosi della sperimentazione genetica quando alcuni scienziati, sondato il cosmo con un telescopio, ricevono le istruzioni per combinare il Dna di un alieno con una cellula umana. Il risultato è una bella bambina che scappa dal laboratorio proprio mentre i potenti tentano di gasarla una volta per tutte. Lei fugge, sale su un treno e in poche ore, sparse le prime vittime, diventa una top model (Natasha Henstridge, un mix tra Lauren Hutton e Nastassja Kinski), vaga per Los Angeles, si specchia nelle vetrine, si gonfia al fast food, ma soprattutto cerca un maschio in grado di fecondarla, affinché un futuro di mostri gelatinosi possa essere assicurato.
Il film, sulla falsariga della fantasy americana anni '50, ma particolarmente piatto e ripetitivo, è la storia di questo girovagare in attesa dell'uomo giusto. Infatti la splendida ragazza ha terribili poteri e lingua prensile, entrando con le dita e scavando nel volto dei suoi partner: per il maschio stuprator è arrivata la pena del contrappasso. Insomma, la top model in calore diventa a tutti gli effetti una spietata serial killer, con finalissimo nelle fogne metropolitane dove la donna finalmente partorirà i suoi piccoli. Ma arrivano all'ultimo i nostri - il gruppo degli scienziati, dei poliziotti e dei biologi a nota spese governativa (Ben Kingsley, il sensitivo Forrest Whitaker, Michael Madsen e Alfred Molina) - a salvarci il futuro. O no?
Disegnata dal talento di H. R. Giger (il papà di «Alien»), "Specie mortale" ha raccolto un certo successo in patria, grazie all'accoppiata sesso e mostri, ma Roger Donaldson non è capace di mettere un'idea portante alla materia, la lascia allungarsi sugli effettacci horror, sulle copulazioni mostruose, in un ritmo lentissimo e senza l'ombra di vera suspense: c'è solo il trionfo barocco del Trucco Ripugnante. Il contesto a questa mantide sexy omicida è la Los Angeles dove tutto è possibile e dove ciascuno al momento giusto urla "oh mio Dio!", mentre alla fine i ragazzacci si consolano con "tutto ok, tutto a posto, tesoro". Il confine col ridicolo è spesso superato e il racconto offre la spiacevole sensazione di girare a vuoto.
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