Fermatevi a Brooklyn, c'è un altro mondo
di Lietta Tornabuoni
Si sono sempre visti (a migliaia) film tratti da romanzi o da testi teatrali, e se ne vedono sempre di più. S'erano visti film tratti da canzoni (metti, a metà dei Cinquanta e dei Sessanta, "Maruzzella" con Marisa Allasio, "In ginocchio da te" con Gianni Morandi) oppure da musicals di Broadway.
S'erano visti film tratti da serials televisivi americani ("Il fuggitivo", "Gli intoccabili") o da brevi disegni animati preesistenti e storici ("Tom and Jerry-Il film)". Le derivazioni, lo scambio e la commistione dei generi si completano con Super Mario Bros., diretto dalla coppia coniugale Rocky Morton-Annabel Jankel: tratto per idea e personaggi dal videogame della Nintendo ideato da Shigeru Miyamoto e Takashi Tezuka, quindi da un gioco elettronico giapponese per bambini che aveva già dato origine a due serials televisivi americani di successo, "The Mario Bros. Super Show" e "Super Mario 3".
Nelle guerre stellari per quella immagine che rappresenta la vera ricchezza dell'industria avvenire, nell'esplodere della digitalizzazione che tratta con il computer immagine e suono, nella ricerca di sinergie del profitto, adesso tutto si muove: due delle maggiori reti televisive americane, Viacom e Qvc, sono in lotta per acquisire il controllo della classica società di produzione di film Pararnount, che a sua volta controlla la casa editrice Simon & Schuster; la Shochiku, potente società giapponese di produzione e distribuzione cinematografica, ha concluso con Sega, potente società produttrice di vìdeogames un accordo in base al quale Sega utilizzerà per i suoi videogiochi personaggi, storie, immagini dei film Shochiku, e viceversa. "Multimedia" e "interattività" sono i termini-chiave d'una tendenza che già oggi mette insieme l'industria del cinema, le industrie della televisione, dei computer e dei telefoni, che già adesso mobilita tutti i grandi gruppi industriali della comunicazione.
Risultati? "Super Mario Bros.", interpretato anche da Hoskins e da Dennis Hopper, musicato da Alan Silvestri, inzeppato da Christopher Francis Wood di effetti speciali molto magici e buffi, ha ritmo serrato, dinamismo survoltato, andamento instancabile e nervoso, abbondanza di colpi di scena, ripetersi di situazioni rischiose, frenesia di azioni senza pausa né respiro: tutte le caratteristiche strutturali, insomma, del videogame. Insieme, ha l'immaginazione favolistico-ironica e la recitazione parodistica d'una commedia cinematografica sofisticata che unisca fantascienza e feuilleton. È troppo: l'operazione risulta troppo plurima e raffinata per avere successo popolare; resta un prototipo molto interessante, anche molto divertente.
Premessa: sessantacinque milioni di anni fa, la caduta di un meteorite sulla Terra provocò l'estinzione dei dinosauri e creò un universo sotterraneo parallelo nelle viscere newyorkesi di Brooklyn, un'altra dimensione densa di analogie-ammonimento con il mondo superficiale. Sottoterra, in quel mondo i dinosauri esistono ancora, pure in forma di affettuosi animali domestici; domina il dittatore Dennis Hopper, un rettile crestato, e la guardia pretoriana è composta dai Gombas, grosse lucertole sputafuoco in lunghi cappotti scuri con cinturone; il re spodestato è stato ridotto a fungo da una macchina di tortura che provoca la de-evoluzione, riportando gli esseri allo stadio di scimmie o di vegetali; una bomba innescata se ne va in giro rapida su piedini di plastica. In questo mondo irrompono i Bros., i fratelli Mario, idraulici d'origini italiane, il maggiore Mario Mario e il minore Luigi Mario: le loro avventure mirabolanti e superveloci contraddicono un'idea del cinema inteso come espressione matura d'arte, di narrazione per immagini o di comunicazione di idee, però sono travolgenti.
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